martedì 17 novembre 2009

Si dice il peccato, ma non il peccatore

Dopo il successo commerciale di "Gomorra", Roberto Saviano è diventato un personaggio chic. Non voglio dire che questa sia una sua colpa, anzi, ma è innegabile che dapprima è stato esaltato da chi aveva effettivamente letto il libro e poi è diventato un'icona per il passaparola e grazie al successo del film omonimo. La politica italiana, seguita da un certo giornalismo accondiscendente, ha annusato l'aria che tirava e tutti hanno fatto a gara per associare la propria immagine a quella del fortunato scrittore. Mentre qualche professionista del populismo provava a guadagnare qualche voto, lo scrittore campano rischiava la vita, difatti dal 13 ottobre del 2006 vive sotto scorta.

C'era già una bella discrepanza tra chi ci metteva la faccia e chi provava ad avere un tornaconto personale, ma l'effetto Saviano era ineusaribile. Tutti ad esaltarlo e tutti ad iscriversi al gruppo di facebook "giù le mani da Saviano" (o qualcosa di simile). Ma non appena lo scrittore ha iniziato a fare i nomi dei politici collusi con la camorra, ecco che i professionisti del cadreghino hanno iniziato a prendere le distanze. Alcuni giornali hanno iniziato il solito, collaudatissimo, giochetto dello sputtanamento della persona per denigrarla completamente. Del resto vanno benissimo gli annunci e i proclami contro l'illegalità, ma non appena ci si accorge che qualche personaggio pubblico potrebbe essere supportato dalla criminalità, ecco che tutti i cuor di leone fuggono dalla sacra battaglia per la legalità. Questo è lo specchio di un paese dove abbiamo una classe politica che fa finta di cambiare le cose. Si parla di lotta all'evasione e poi scopri che nessuno si opera per garantire la tracciabilità dei pagamenti (e le tecnologie ci sono!), si parla di lotta alla mafia e Don Luigi Ciotti protesta perché attraverso la vendita dei beni sequestrati si rischia di rimetterli nelle mani di chi si vuole combattere. E purtroppo questo è un problema che non dipende dalla maggioranza democraticamente eletta.

Un paese dove bastano i propositi e un bel discorsetto è più che sufficiente per sentirci a posto con la nostra coscienza, e per pensare di aver contribuito a cambiare le cose. Un paese dove si premia chi eccelle nella mediocrità e dove chi prova a dare seguito alle parole coi fatti, viene bollato come "uno scrittore politicizzato".

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