domenica 15 novembre 2009

La fine del PD e il caos ordinato di Fini

Quando Walter Veltroni concepì il Partito Democratico aveva in testa un progetto ambizioso e apprezzabile. All'epoca c'erano i Democratici di Sinistra e la Margherita, due formazioni politiche che avevano sempre appoggiato lealmente Romano Prodi, ma questi due partiti si rivolgevano ad una piccola parte della popolazione. L'idea di Veltroni era invece quella di costruire un partito capace di parlare più lingue, capace di raccogliere i bisogni di alcune fasce della popolazione ignorate dai DS (come ad esempio i commercianti, artigiani, professionisti e imprenditori), per dare vita ad un soggetto politico desideroso di esprimere la sua naturale vocazione maggioritaria. L'esperimento è mestamente naufragato perché Veltroni è riuscito solo a costruire un partito eterogeneo nelle persone, ma vuoto nei contenuti. Sarà pur vero che ha messo sotto la stessa capanna Bersani e Callearo, la Binetti e Marino, l'operaio della Thyssen e Colaninno, ma non c'è stata alcuna evoluzione culturale.

La storia di questi mesi conferma quanto detto. Alle primarie abbiamo visto tre candidati (preparati) che si contendevano la poltrona, ma la ripartizione del consenso interno era figlia delle divisione storiche del centro sinistra. Bersani rappresentava l'area DS, Franceschini l'area ex democristiana e Marino l'area laicista. Può essere un quadro grossolano, ma è evidente che la discussione interna è rimasta ancorata agli schemi storici, alla divisione in ex diessini e ex della margherita. L'amalgama culturale necessaria per far fare un salto di qualità al partito era, ed è, completamente assente. In aggiunta a ciò va pure ricordato che chi si è autoescluso dalla partita per la segreteria (Rutelli, Lanzillotta, Callearo & co) ha levato le tende per fondare con Tabacci l'Alleanza per l'Italia. Questo è un'ulteriore dimostrazione del fallimento dell'esperimento democratico e supporta i sospetti di chi ha visto nel PD un contenitore vuoto e lacerato.

Mentre Sparta si lecca le ferite, Atene non ride. Il PdL vive una situazione grottesca perché ha una maggioranza enorme, ma per la prima volta si incontrano grosse difficoltà per votare l'ennesima legge ad personam. In genere lo schieramento di centro destra era unito e coeso (un po' una bocciofila..) e approvava qualunque porcheria. Oggi le cose sono cambiate, e questo rappresenta un bel colpo per la leadership del premier, il quale si vede costretto a mediare coi suoi stessi alleati per far approvare provvidimenti che in genere venivano votati ad occhi chiusi.

Fini è andato dalla Annunziata a dire che si può approvare un Lodo Alfano costituzionale, ma è il primo a sapere che l'iter per approvare una legge costituzionale è troppo lungo per le esigenze del premier (i processi ripartono tra poco) e, soprattutto, dimentica che la bocciatura del Lodo Alfano poggiava sulla violazione di un articolo fondante della nostra Costituzione. Si continua a discutere su come sia possibile salvare il premier e salvare la faccia davanti agli italiani, ma il tempo stringe e qualcuno si sta innervosendo.

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