sabato 7 novembre 2009

Chi ha paura di fare le riforme è utile alla causa?

Credo che il caso Alitalia rappresenti quello che la politica non dovrebbe essere. Non è questione di aver votato Mortadella o di votare Berlusconi, ma bisognerebbe stare alla larga dai fanatismi iconografici, per concentrarsi solo sul significato delle azioni. Alitalia era una società pubblica perennemente in perdita, presentava un bilancio disastroso sia con i governi di centro sinistra che con quelli di centro destra, ma soprattutto, agli occhi del politico Alitalia era una focina di potenziali elettori. Così, seguendo una logica clientelare che è sopravvissuta alla caduta della Prima Repubblica, non è cambiato il vizietto di rimandare a domani, o meglio ancora agli altri, le scelte dolorose e impopolari. Alitalia aveva evidenti squilibri nel numero di dipendenti e nel costo del lavoro, qualunque confronto con i principali competitor evidenziava questa anomalia italiana che portava ad avere risultati d'esercizio negativi, fino al record del 2007. In quell'anno la perdita per dipendente era di 25.000 euro (!), battuta solo dalla Tirrenia (altra statalizzata) che primeggiava con circa 75.000 euro per dipendente.

Quando una situazione societaria si presenta così disastrata è evidente che certe colpe affondano radici nel passato. Preso atto che una situazione di perdita duratura conduce all'inevitabile fallimento, va anche detto che un conto è arginare un comune canale, un altro è gestire la piena del Po. Ecco, ogni anno che si è rimandata la questione Alitalia, non si è fatto altro che lasciare che si ingigantissero i problemi. Al tempo stesso la medicina era nota, serviva una politica di tagli e di riduzione dell'attività per concentrarsi su quelle "core", al fine di pianificare in un futuro prossimo una successiva espansione. Nessun politico ha avuto il coraggio di fare questa scelta impopolare, ma necessaria per evitare il tracollo, così i cuor di leone hanno pensato di vendere la società. Stupisce leggere che la cessione fosse inevitabile, questo lo può dire un politico desideroso di nascondere la sua mediocrità. La vendita poteva essere evitata, se si affrontavano i problemi quando sono emersi, o nelle fasi di criticità dei terribili anni 2000. Vendere a Colaninno, che tra l'altro ha tagliato personale e voli, non significa altro che passare la pistola ad un'altra persona perché non si ha il coraggio di prendersi la responsabilità delle proprie scelte e azioni.

Mi chiedo solo se è utile avere una politica che per mantenere una buona popolarità è disposta a lasciar fallire le società, mettendo così in crisi i conti pubblici. Del resto nessun cittadino comune percepisce fino in fondo l'enorme handicap dovuto al debito abnorme, mentre ci sarà sempre qualcuno da scontentare per perseguire l'efficienza. E se prevale l'ossessione del sondaggio di popolarità, la scelta è (ahimè) ovvia.

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