domenica 29 settembre 2013

Due fuorigiochi sbagliati facilitano due vittorie della Juventus

La Roma asfalta il Bologna e mantiene la vetta a punteggio pieno. Ma la giornata farà parlare per le polemiche legate al gol irregolare con cui la Juventus ha vinto il derby di Torino. Episodio dubbio che si aggiunge al clamoroso errore in Chievo - Juventus (giocata 4 giorni fa..) quando sul punteggio di 1 a 1, è stato annullato un gol regolare a Paloschi. Da un punto di vista tecnico la Juventus vista in quest'inizio di stagione non è trascendentale: Tevez si è rivelato un grande acquisto e sembra essere di un'altra categoria, ma la squadra manca di cattiveria e non sembra al massimo (forse la preparazione è mirata per la Champions). Poi c'è il calcio delle chiacchere e delle polemiche. E qui questa dirigenza della Juventus e questo allenatore hanno poche attenuanti. Due anni fa, quando subirono torti arbitrali, Conte e Marotta non stettero zitti, perciò adesso la reazione dell'allenatore bianconero è come minimo incoerente. Va bene fare gli allenatori tifosi, si raccolgono simpatie tra i fans, ma alla lunga il gioco può diventare un boomerang perché quando si difende l'indifendibile si rischia di cadere nel ridicolo. I due episodi degli ultimi 4 giorni, se non hanno regalato 4 - 5 punti alla Juventus, hanno sicuramente facilitato una squadra forte (su questo punto non ci sono dubbi), ma non nel suo periodo di maggiore splendore. E alla lunga questi episodi avranno un peso specifico rilevante.

venerdì 13 settembre 2013

Conte e Mazzarri: due bravi allenatori non fanno due personaggi

Inter - Juventus (da scrivere in quest'ordine perchè si gioca a San Siro) è la sfida tra Mazzarri e Conte, due allenatori passionali e allergici a qualunque critica. Loro, e nostro, malgrado sono diventati due personaggi pubblici. Conte è anche oggetto di una fantastica imitazione di Crozza. Se fossimo in un'epoca con meno eccessi informativi (penso agli inutili canali sportivi all news sempre alla ricerca di notizie bomba e scoop) non sarebbero sopravvalutati e, forse, non si sentirebbero obbligati a recitare la parte dei personaggi. Sia chiaro: Conte e Mazzarri sono due ottimi allenatori, hanno fatto una più che dignitosa gavetta e hanno dimostrato indubbie qualità tecniche nella gestione dei campioni che hanno allenato. Ma non sono personaggi a 360 gradi e quando escono dal recinto in cui eccellono perdono il magic touch. A riprova si possono citare le esternazioni di Mazzarri quando qualcuno osa criticare la sua squadra, e le conferenze stampa di Conte sulla giustizia sportiva.

giovedì 12 settembre 2013

Terza giornata serie A - pronostici

Fiorentina - Cagliari
Vittoria della Fiorentina con gol di Mario Gomez, già idolo dei tifosi (basta vedere su youtube i video in cui i tifosi lo acclamano non appena tocca palla!). Per il fantacalcio puntare su Rossi.

Inter - Juventus
Pareggio. Gara nervosa. Allenatori esagitati. Test antidoping per tutti.

Lazio - Chievo
Vittoria biancoceleste con doppietta di Klose. Per il fantacalcio Dramè da 6,5.

Livorno - Catania
Livorno facile, Catania da serie b nonostante la fantasia di bomber Leto.

Napoli - Atalanta
Vittoria Napoli con autogol di Yepes. Grande gara di Pandev.

Parma - Roma
Il fantasma di Lamela (ma come si fa a venderlo?) blocca il Parma. Poi si sblocca e la pareggia 1 - 1. Gol di Amauri e Maicon.

Sampdoria - Genoa.
Derby teso, ma non atteso. Schierate Antonini che nella lista lo mettono in difesa, ma gioca a centrocampo come ai bei tempi di Empoli. Per la Samp prova d'orgoglio di Calimero Eder.

Torino - Milan
L'orgoglio granata si esaurisce non appena Cairo abbraccia Galliani. Kakà si fa male, ma il Milan la vince.

Udinese - Bologna
Moscardelli in rovesciata. Come Parola sui pacchetti delle figurine Panini.

Verona - Sassuolo.
Halfredsson sugli scudi, Toni mette un'altra doppia.

Il ritorno di Raikkonen

Con il ritorno di Raikkonen la Ferrari torna ad avere una coppia di piloti in cui non ci sono apparenti gerarchie predefinite. Lontani i tempi dell'era Schumi in cui la prima guida era il tedesco e il compagno di turno doveva accontentarsi del ruolo di fedele scuderio (il tutto con esiti talvolta antisportivi, vedi il trattamento riservato a Barrichello al GP d'Austria 2002).

Raikkonen aveva guidato una Ferrari anche nel triennio 2007 / 2009 con risultati. Nel 2007 un Mondiale favorito dalla rivalità Alonso - Hamilton, ma comunque meritato perchè ottenuto dopo una serie di risultati costanti. Di quell'annata restano nella memoria l'esordio in Australia con vittoria e indimenticabile teatrino Casa Maranello organizzato da Todt sul podio. Per chi non ricorda il ds francese aveva chiamato Schumi per metterlo in contatto con Raikkonen: un tenero passaggio di consegne con qualche frase di circostanza a favore di telecamera. Peccato che Kimi non avesse intenzione di stare alla recita, restituendo il cellulare a Todt. Poi l'apoteosi in Brasile con un GP vinto grazie a Massa (si fece passare) e un Mondiale ottenuto approfittando dei due galli nel pollaio McLaren.

Il 2008 è stato un anno inspiegabile. Raikkonen parte forte e sembra pronto per un facile bis. Poi si spegne la luce tra sfighe (Hamilton lo butta fuori in Canada tamponandolo ai box), errori del team (vedi strategia sbagliata a Silverstone) ed errori del pilota (incidenti a Singapore e Spa). Alla fine la delusione è forte e il 2009 non migliora la situazione. L'auto non è mai competitiva, arriva una vittoria (Spa), ma nella testa di tutti pesa l'incidente di Massa e l'atteggiamento distaccato del finlandese.

Infine anni di purgatorio nei Rally e una nuova chance in Lotus. Negli ultimi due anni Raikkonen ottiene due vittorie. I punti di forza sono la regolarità in gara e l'uso delle gomme (leggasi stile di guida). Talvolta svagato nelle qualifiche, come Alonso rende di più in gara. La scommessa è quella di lottare per il Mondiale,  con la consapevolezza che, al netto dei cambi di regolamento, un piazzamento in Ferrari non ha lo stesso sapore di un analogo risultato in Lotus.

mercoledì 11 settembre 2013

La decadenza del perseguitato di Arcore e la perfezione mancata per un soffio

Breve escursione sull'abbacinante situazione politica italiana. In un paese economicamente fermo e senza prospettive serie per i giovani (a proposito, qualcuno prima o poi dovrà spiegare ai giovani che il loro tenore di vita sarà peggiore rispetto ai padri), si parla della decadenza dell'isotopo Silvio. In pratica si combattono battaglie campali per difendere un condannato in via definitiva (mi spiace peones frignoni, la sentenza è definitiva e gli esami di riparazione non sono previsti!) perchè lo si vuole escludere da un Parlamento in cui vanta il 99, 92% (almost perfect) di assenze (fonte http://parlamento17.openpolis.it/lista-dei-parlamentari-in-carica/senato/assenze/desc consultato il 11/09/13 alle 10). Tanto per chiarire che al soggetto non interessa la vita parlamentare, ma lo status legato alla carica.

Massa lascia la Ferrari dopo 4 anni anonimi

Felipe Massa ha annunciato, tramite Twitter,  che dal 2014 non correrà più con la Ferrari. Il brasiliano probabilmente sarà sostituito da Raikkonen,  suo compagno nel triennio 2007 / 2009.

Massa non vince un Gran Premio dal Brasile 2008 e, con tutta la simpatia umana che possiamo avere per il ragazzo, appare comunque razionalmente illogico constatare come abbia potuto guidare una Ferrari per 5 anni senza vincere una gara. Le sue prime tre stagioni furono di ben altro spessore, con 11 vittorie. Ha dato il meglio di sè in Turchia (3 vittorie) e in Brasile (2 vittorie più il ruolo decisivo nella gara del 2008 in cui aiutò Raikkonen). Dall'incidente del luglio 2009 (colpito al viso da un detrito nel GP d'Ungheria) il calo vistoso. In Ferrari conta 36 podi: 28 dal 2006 al 2009, solo 8 nel quadriennio successivo.

Ma dietro a questi numeri c'è anche da ragionare sull'impietoso confronto con I compagni di squadra, sia per risultati, sia per la condotta di gara. A ben vedere il Mondiale perso (2008) causa vassallaggio osceno di Glock che lascia passare Hamilton all'ultima curva, ha comunque i suoi lati oscuri. Vuoi per il numero di punti raccolti (inferiore a 100, Kimi l'anno prima ne prese più di 110), vuoi per alcune gare fantozziane come l'indimenticabile Silverstone 2008 (si presentò come leader del Mondiale, chiuse tredicesimo, doppiato, col record mondiale di testacoda).

Nell'ultimo quadriennio, mentre Alonso lottava per il Mondiale contro la Red Bull, Massa ne ha azzeccate poche. Gli 8 podi sono una miseria, le 0 vittorie ben più di un campanello d'allarme. Nello stesso periodo han vinto più gare Rosberg e Raikkonen (con la Lotus): la sostituzione di Massa era l'unica scelta possibile.

martedì 10 settembre 2013

La Juventus è pronta per il grande salto

Dopo due scudetti consecutivi la Juventus punta decisa all'Europa. L'anno scorso i bianconeri hanno vinto uno scudetto che da un punto di vista agonistico non è lontanamente paragonabile con quello della stagione 2011/12. La rivalità con il Milan era più accesa di quella col Napoli, le schermaglie Allegri - Conte (detto Mr. Ironia) più che colpi di fioretto erano colpi con la clava, e poi c'è stato il leggendario gol di Muntari come ciliegina sulla torta.

Ma la conferma dei bianconeri sul trono d'Italia ha un valore da non sottovalutare. In primis perchè mette a tacere coloro che spiegavano l'exploit ai danni del Milan di Ibra, con la scusa che la Juve non avesse un doppio impegno. In secondo luogo perchè riconfermarsi è più difficile che vincere una volta sola (e anche un bel rosso di sera bel tempo si spera qui non guasta!).

Quest'anno l'obiettivo della Juventus deve essere l'Europa. L'anno scorso il gap col Bayern è parso imbarazzante. Nel mercato estivo Marotta ha provato a migliorare la squadra partendo da un'analisi molto razionale (dopo gli anni degli acquisti a random, vedi la stagione di Del Neri). L'attacco era il punto debole: Vucinic non è un goleador; Giovinco è stato un acquisto sbagliato sia per il costo (drammaticamente eccessivo), sia per i limiti tecnici e caratteriali; Matri e Quagliarella sono ottimi rincalzi, con loro titolari puoi primeggiare in Italia (se dietro hai Pirlo, Vidal e compagnia), ma diventa dura in Champions; Bendtner, arrivato dopo aver sognato Van Persie (da Charlize Theron ad Anna Maria Barbera, sigh), è stato un buco nell'acqua; Anelka incomprensibile.  Da questo as is Marotta è partito sbolognando i due oggetti misteriosi (Bendtner e Anelka), vendendo l'unica punta vendibile (Matri, mentre Giovinco non ha mercato). Tra le new entries Llorente fa già storcere il naso, anche se è presto per emettere sentenze, mentre Tevez è di un altro pianeta rispetto agli standard bianconeri.

I dubbi riguardano la tenuta di chi ha svolto un lavoro encomiabile nelle ultime due stagioni: difesa e centrocampo. Sulla prima ci sono pochi dubbi perchè l'arrivo di Ogbonna offre alternative e potrebbe servire per coprire un calo di qualche difensore della vecchia guardia. In mezzo al campo, oltre alla gestione di Pirlo, si aprirà un caso legato al dualismo Pogba - Marchisio, dato che Vidal sembra intoccabile. L'anno scorso tutto finì bene con la trovata del centrocampo a 6, quest'anno le condizioni sembrano diverse. Pogba sarà uomo mercato e Conte dovrà fare scelte tecniche precise.

Nel complesso la Juve sembra un gradino sotto a Real e Bayern, ma con una botta di fortuna, può sognare il colpaccio in Europa. La gloria non sembra lontana.

lunedì 9 settembre 2013

Alonso o Massa: chi lascia la Ferrari?

Nel 2010 la Ferrari sostituì Raikkonen con Alonso e decise di tenere come seconda guida Massa. La scelta aveva una nobile motivazione umana (Massa aveva infatti avuto uno sfortunato incidente in Ungheria nel 2009). Ma da un punto di vista sportivo sembrava un azzardo. In molti hanno provato a mettere sullo stesso livello il Mondiale (vinto) da Raikkonen nel 2007, con il Campionato (perso) da Massa nel 2008. Giochino ridicolo e alla lunga si è visto quanto fosse miope. Adesso sembra imminente il ritorno di Raikkonen e quindi si tratta di capire chi tra ı due latini saluta Maranello.

Massa ha esaurito il suo credito col team. Ad un certo punto sembrava che Felipe avesse la bandana di Solid Snake (quella che dava colpi infiniti, precisazione necessaria per venire incontro agli sfortunati che non hanno mai fatto Metal Gear Solid), ma era un'illusione. Da un punto di vista sportivo non ci sono dubbi: Alonso in gara è più consistente, è più deciso nei sorpassi, ma spesso si addormenta in qualifica. Il punto diventa quello di capire cosa vuole fare Fernando. La Ferrari è il suo team da 4 anni e ad Alonso si possono addossare poche colpe. Qualche gara rivedibile c'è stata, ma il pilota è stato anni luce superiore rispetto all'impalpabile compagno di squadra. Di conseguenza è difficile addebitare responsabilità ad Alonso, mentre non si può dire la stessa cosa per il team. Il Mondiale 2010 è stato uno dei suicidi sportivi più crudeli cui abbia assistito: la scelta di marcare stretto Webber era uno strafalcione visibile sin da subito, e perciò la gara è stata un Golgota evitabile. E poi c'è il Mondiale 2012 in cui la Ferrari si è addormentata sul più bello. Per tutti questi motivi penso che se sarà divorzio tra Ferrari e Alonso, allora non è detto sia una scelta del team. Da tifoso la speranza è quella di vedere un team con lo spagnolo e Raikkonen.

Un Napoli più squadra può ridurre il gap dalla Juve

Nel 2007 il Napoli festeggiò un meritato ritorno in serie A, e da allora la squadra è migliorata anno dopo anno. Ci sono stati, come spesso capita, alcuni passaggi a vuoto, ma la squadra è cresciuta costantemente. I momenti chiave dell'avventura in serie A del Napoli di De Laurentiis sono: 1) gli acquisti di Lavezzi e Hamsik nel 2007; 2) la partenza di Reja nel marzo 2009 e l'arrivo di Mazzarri nell' ottobre dello stesso anno, il tutto con in mezzo cinque mesi anonimi con Donadoni, allenatore che ha trovato una sua dimensione a Parma; 3) l'arrivo di Cavani nel 2010; 4) la partenza di Lavezzi nel 2012; 5) la cessione di Cavani nel 2013. Letta così, con due cessioni a concludere la storia, si potrebbe avere l'impressione (sbagliata) che la squadra abbia raggiunto un suo picco nella Belle Epoque dei tre tenori, e il futuro sarà necessariamente ricco di amarezze. Invece il Napoli si è mosso con grande furbizia.

Conosciamo le indubbie capacità comunicative di De Laurentiis. Alle volte il lamento è esagerato, tra fughe in motorino per protestare contro calendari nordisti (uh) e cerimonie di premiazione disertate manco fosse Usa - URSS dell'Olimpiade di Monaco. Ma la capacità gestionale, quindi la sostanza, c'è e non si discute. Il Napoli delle ultime due stagioni ha venduto i suoi due migliori talenti (o presunti tali perchè Hamsik è spesso sottovalutato) all'acquirente più liquido d'Europa: il PSG degli sceicchi, un club che paga un premio sul prezzo di mercato di qualunque giocatore. Ha cambiato allenatore, puntando su Benitez, vincente sottovalutato in Italia per via della disastrosa parentesi con l'Inter (sarà poi tutta colpa sua? No). Ma soprattutto ha barattato due tenori per un collettivo più equilibrato. Higuain è diverso da Cavani ed è difficile comparare questi due centravanti perchè per esprimersi al meglio necessitano di squadre diverse. Però Higuain ha più bisogno della squadra e questo è un bene perchè spinge molti "comprimari" a fare qualcosa in più rispetto al passato.

In generale l'impressione è che il Napoli sia più squadra e se si crea la giusta consapevolezza, unita all'entusiasmo (ma a Napoli questo non è un problema), la squadra possa raggiungere dei picchi che in passato non aveva mai raggiunto, superando il complesso d'inferiorità manifestato nei big match contro la Juve, dove lo schema era un'inaccetabile catenaccio nella speranza di un colpo di fortuna.

sabato 13 luglio 2013

A casa Milanello tutto è bello

Nel deserto che sta diventando la serie A italiana, e senza i miracoli dell'Inter di Mourinho ce ne saremmo accorti con qualche anno di anticipo, il Milan può nutrire qualche ragionevole ambizione per inseguire il prossimo scudetto. La squadra rossonera non è un granché, ma ha qualche possibilità visto il (de)nutrito campo di partenti. La Juventus si è rafforzata e dovrà necessariamente fare qualche cessione in attacco. Possibili partenti sono uno/due tra Giovinco, Matri e Quagliarella. Il primo rischierebbe se dovesse arrivare Diamanti dal Bologna. Criticare una squadra che vince due scudetti consecutivi è un gioco pericoloso, soprattutto in Italia dove l'assenza di una cultura sportiva genera una proliferazione di volenterosi soccorritori per il vincitore. Ma a voler cercare il pelo nell'uovo nella gestione di Antonio Conte e nelle scelte di mercato di Marotta, si può dire che la cessione di Giaccherini è come minimo frettolosa. Trattasi di un'operazione giustificabile con le esigenze di bilancio, ma da un punto di vista tecnico parte un jolly, curiosamente valorizzato più in Nazionale che nel club, e dovrebbe rimpiazzarlo un trequartista (Diamanti). Evidente la volontà del giocatore di non perdere il treno per il prossimo Mondiale. La Juve perde qualcosina, anche se, come detto, è una questione marginale visto che non si tratta di un titolare. Contro ogni pronostico poi la Juventus ha preso un top player vero: Carlitos Tevez. Il sogno di Galliani vestirà bianconero. Gli anni dei Bendtner scambiati per Van Persie sono finiti?

L'Inter è un cantiere, la Fiorentina cambierà radicalmente modo di giocare, dato che adesso ha un vero centravanti (Mario Gomez, aka Il Torero). Il Napoli ne cede uno all'anno al PSG: se parte Cavani si fa molto dura. Per questo il Milan lotterà e magari vincerà pure. Ma in questi anni di vacche magre c'è sempre un qualcosa di comico nella gestione rossonera: la pretesa di essere sempre primi, di sognare che a casa Milanello tutto è sempre bello . E una tifoseria, che salvo qualche eccezioni, si beve qualunque boutade della dirigenza. Il logo "club più titolato al mondo" non sarebbe neanche preso in considerazione in altri club. Al Milan sì. E' normale e i tifosi sono contenti. L'ultimo anno è stato tragicomico. Prima un'estate con le cessioni di Ibrahimovic e Thiago Silva, condite con la solita retorica della conferma mascherata manco fosse un nuovo acquisto. Peccato che poi Thiago sia partito per Parigi con Ibrahimovic. Poi l'arrivo di De Jong, noto per lo spettacolo di macelleria inscenato nella finale del Mondiale Sudafricano (del resto l'affiancava Van Bommel, noto contagiatore di simpatia e buon giuoco), scambiato per un giocatore in grado di spostare gli equilibri. Ma la cosa migliore resta la capacità di perpetuare la storiella della volpe e l'uva. Ad inizio l'arrivo di De Jong bastava per ringraziare il Presidente (che non ha fatto altro che usare parte dei soldi incassati dal PSG) e fare proclami bellicosi. Poi un inizio disastroso. L'esplosione, per certi versi inattesa di El Shaarawy. L'arrivo di Balotelli, lui sì grande colpo. Qualche arbitraggio benevolo ed un terzo posto agganciato dopo un 2013 ottimo, ma per certi versi sopravvalutato. Nel mezzo un tracollo col peggior Barcellona degli ultimi anni. Adesso si riparte con le solite cazzate (sempre sul podio negli ultimi cinque anni) che i milanisti bevono per abitudine. Un ribaltamento continuo della realtà, manco fossimo in 1984. La sconfitta diventa una vittoria: prendete l'ultima stagione, adesso sembra quasi che i primi mesi (disastrosi) siano stati una parentesi insignificante perché il Milan è la squadra che ha fatto più punti nel 2013.

Infine i "question marks" Robinho e Allegri. Il primo si è provato a venderlo a tutti i club brasiliani, nell'ultimo anno è stato un oggetto misterioso che ha avuto il merito di scatenare entusiasmo con gol fantozzianamente sbagliato. Adesso, dato che è un po' come la pora Camilla che tutti vogliono e nessuno se la piglia, resta a casa Milanello, ma si finge entusiasmo perché resta. In panchina. Per finire due parole sull'allenatore che nei tre anni ha dimostrato carattere da vendere (non si è fatto mettere i piedi in testa dai senatori, è un bene), ma al tempo stesso ha proposto un calcio povero, salvato da fantastici solisti (ieri Ibrahimovic, oggi Balotelli). Anche qui non si è capito quale considerazione abbia la presidenza del mister livornese e di conseguenza resta il dubbio che la conferma sia d'obbligo per non dover pagare due allenatori in tempi di crisi.

sabato 6 luglio 2013

Belinelli agli Spurs e il trionfo della tenacia

La carriera NBA di Marco Belinelli è una storia che merita di essere raccontata. E soprattutto merita un lieto fine. Nel 2007 l'italiano partecipa al Draft dove viene scelto con la 18a scelta dai Golden State Warriors. In molti sono scettici perché Belinelli, essendo una guardia, andava a competere in un ruolo in cui gli americani hanno problemi di abbondanza. Don Nelson, allenatore della franchigia californiana, spendeva sin da subito parole d'elogio per Belinelli (I think he's sensational). Parole false, o come minimo frettolose, perché i due anni della guardia italiana nei Warriors non sono indimenticabili. Durante il primo anno appare (è il caso di usare questo verbo) in 33 partite di regular season (quindi sono più le gare in cui non mette piede in campo - 49). Di quell'anno si ricordano i troppi, malinconici garbage time, in cui il Beli doveva praticamente lottare con i compagni di squadra per avere la possibilità di fare qualche punto. Sì, perché il garbage time, vale a dire i minuti finali di partite in cui il punteggio è già definito, sono l'unica vetrina per i disperati esclusi dalle rotazioni, e si trasformano in una gara per mettere a referto qualche statistica (gli americani sul tema sono maniacali, basta guardare il sito del NBA). Ma almeno quell'anno il record dei Warriors era positivo, e non era la prima volta che un rookie europeo veniva platealmente escluso dalle rotazioni che contano. Insomma si poteva accettare un inizio così duro, mentre restava inaccettabile il soprannome scelto per il Beli: "The Cookie Monster" non può essere un vanto.

L'incredibile avviene l'anno dopo. Don Nelson usa Belinelli in modo schizofrenico. Partite in cui l'italiano è in quintetto ed è trattato come se fosse il principale terminale offensivo (vedi la vittoria in casa con Boston), si alternano a partire in cui viene umiliato con rotazioni ai limiti del mobbing (NY). Le statistiche migliorano, ma non c'è il salto di qualità atteso. A fine anno l'addio ai GSW è la soluzione più logica, ma il passaggio a Toronto non produce la svolta attesa: Belinelli, nella considerazione degli addetti ai lavori, resta una guardia tiratrice, debole in difesa. 

La prima vera svolta arriva l'anno dopo con il passaggio ai New Orleans Hornets dove si ritrova ad essere guardia titolare al fianco di Chris Paul. Belinelli acquisisce fiducia, per la prima volta chiude l'anno con più di dieci punti di media a partita e fa anche un giro nei playoff, dove gli Hornets vengono eliminati per 4-2 ai Lakers. Poi un anno di transizione sempre negli Hornets, ma stavolta privi di Paul, partito per Los Angeles sponda Clippers, e ambizione. Quindi la seconda svolta con il passaggio ai Bulls. Belinelli dimostra di stare a pieno diritto nella NBA. L'inizio non è dei migliori perché Thibodeau non si fida delle capacità difensive dell'azzurro, ma poco per volta Belinelli conquista fiducia e minuti, e finisce per giocare due serie di playoff da protagonista. Certo, la serie con Miami ha mostrato che Belinelli non è Dwayne Wade e nemmeno LeBron James (ma chi pensava il contrario?), non sarà mai ai loro livelli e difficilmente sarà titolare fisso in un team che punta al titolo, ma quanto fatto vedere nell'anno dei Bulls, era semplicemente inimagginabile pensando al terribile inizio.

Adesso si preannuncia la terza svolta. La firma di un contratto da free agent con gli Spurs è un momento chiave per le motivazioni che hanno guidato la scelta della guardia italiana. Chiariamo sin da subito che è evidente come vi sia una bella differenza tra chi rinuncia a $3mln per guadagnare comunque una cifra simile, e il modesto dipendente che rinuncia a qualche centinaia di euro. Ma resta comunque un fatto constatare come Belinelli abbia preferito gli Spurs, nonostante offrissero meno soldi (ha firmato un biennale da $6mln, Cleveland si dice ne offrisse 9), perché vuole imparare (e trova Popovich, un maestro) e giocare in un team che punta in alto. Non è cosa da poco in quel fantastico circo che risponde al nome di NBA, e forse è la spiegazione più semplice per capire le enormi motivazioni che hanno spinto questo ragazzo a non mollare, a migliorarsi poco per volta e a credere sempre nei suoi mezzi. Un bravo se lo merita tutto.

domenica 30 giugno 2013

La Idem, le dimissioni e la retorica del menopeggio

Il caso della Idem si presta a diverse riflessioni e non fa mancare qualche spunto ironico (vedi forum e blog di Spinoza). In tanti, a cominciare da Gilioli, hanno vivisezionato gli errori dell'olimpionica mettendo in luce come non abbia alcun senso usare le vittorie sportive per rispedire al mittente un mare di critiche inerenti il mancato pagamento delle imposte. Così come è offensivo far passare l'idea che un Ministro possa permettersi di ignorare le scocciature burocratiche che inquinano la vita di tutti i comuni mortali.

Ma su tutte queste considerazioni aleggia un'idea di fondo che caratterizza il PD: l'idea del menopeggio. E su questo spiace dirlo, ma il PD offre ottimi assist ai giornali che acriticamente appoggiano Berlusconi. Quando la Idem sbaglia, pensa di poter mantenere la poltrona soltanto perché lei ha buone intenzioni. Tralasciamo il fatto che le buone intenzioni se le è autocertificate: come potete intuire è un fatto secondario. Anzi, per assurdo, diciamo che la Idem è veramente onesta e ha ottime intenzioni (cosa che personalmente penso). Ma in politica non si giudicano le intenzioni: si valutano le azioni e l'effetto che esse stesse producono. L'idea del "noi siamo buoni, gli altri son cattivi", non è altro che l'evoluzione del concetto (stupido) che porta ad adottare due pesi e due misure per valutare stesse azioni commesse da persone diverse. Ed è questo l'assist che il PD non smette di offrire al PdL e ai suoi detrattori. Lo fa quando sbertuccia la Gelmini per il tunnel dei neutrini, e poi propone gente come Boccia che, oltre ad aver perso tutte le elezioni immaginabili, dimostra un'elevata impreparazione e spara cazzate su F35 con patetiche scuse per non ammettere l'errore.

Forse una volta per tutte è bene chiarire alcuni concetti. La politica è un mestiere che non può concedere sconti. Se sbagli sei fuori (Briatore's style). Non perché si vuole elogiare un cinismo sfrenato, o perché si vuole godere davanti alle disgrazie del potente di turno. L'intransigenza è il prezzo da pagare se si vuole esaltare il valore dell'esempio che deve nascere dalle azioni del politico. Poi la vera sfida è quella di tenere dritta la barra dell'intransigenza senza scadere nella presa in giro o nella denigrazione della persona che sbaglia. In pratica la Idem resta un esempio per gli sportivi, resta una persona da invitare nelle scuole perché ha una storia di sacrifici e tenacia che può fungere da stimolo per i giovani, ma per fare il Ministro tutto questo non basta.

sabato 22 giugno 2013

Bye bye Higuain. Zeno Cosini regna in casa Juve

In principio c'era Xabi Alonso, ma poi arrivò Poulsen. Ad un certo punto si parlava di Dzeko, ma poi ecco comparire il tronista del calcio italiano (aka Marco Borriello, ovviamente in prestito). Quest'anno la sceneggiata si ripete. C'è la voglia di "top player". Si parte facendo il nome di Higuain (la sua pagina di Wikipedia lo segna come giocatore dell'Arsenal, why?), si passa per Tevez e poi non si sa con cosa si finirà. Probabilmente si dirà che Llorente è un top player, e nell'infimo livello in cui è piombata la serie A italiana la cosa può anche sembrare credibile, anche se poi c'è il rischio di scontrarsi con la realtà della Champions League. Per certi versi sembra la storia di Zeno Cosini con le figlie di Giovanni Malfenti, infatti anche Zeno aveva fissato una scala di priorità tra le tre sorelle, ma alla fine si trova con quella che riteneva essere la peggiore delle tre.

Certo da Xabi Alonso ad Higuain ci sono di mezzo tante altre cose. Un cambio di direttore generale col passaggio dai bidoni strapagati da Secco allo shopping compulsivo di Marotta. Un nuovo stadio di prioprietà in cui i tifosi bianconeri possono andare in pellegrinaggio: il Medjugorje Stadium. Due scudetti, di cui uno vinto ammazzando un campionato in cui gli avversari non esistevano. Ma tra tutte queste novità è comunque bello sapere che puoi contare su alcune certezze.

domenica 21 aprile 2013

Una seconda chance per il peggior Presidente

In Italia le cose vanno al contrario, di conseguenza al peggior Presidente della Repubblica viene concessa una seconda possibilità tra gli applausi grotteschi dei Parlamentari. I giornali più importanti d'Italia si sono ben guardati dal fare il più semplice dei confronti tra la folla festante che ha accolto con gioia l'inattesa scelta del nuovo Pontefice, e la folla inferocita che ha assediato Montecitorio. Siamo al trionfo del mainstream, del pensiero unico: Napolitano è saggio, bravo e buono. Ma se scartiamo questa patina di buonismo superficiale, dobbiamo anche avere l'onestà di ricordare tutte le cose negative fatte nel settenato.

Le colpe politiche riguardano la gestione della crisi politica degli ultimi due anni. Alla caduta del Governo Berlusconi la Presidenza ha ovviamente giocato un ruolo determinante nella scelta di non andare ad elezioni anticipate. E' stato il Presidente a chiamare Monti, arrivato coi tecnici con il compito di salvare la patria. Ma poi la spinta riformatrice del Governo Monti si è scontrata con il materiale umano presente in Parlamento e dato che nelle Camere la maggioranza relativa era sempre in mano al centro destra, si poteva prevedere l'epilogo del Governo tecnico. Monti ha agito con la consapevolezza di avere un margine molto stretto: certi interessi non poteva toccarli, ma, ahimè, se si vuole cambiare il paese bisogna partire proprio da quelli. Chi dice che nei primi mesi poteva fare qualunque cosa, sostiene una fesseria o comunque un fatto non dimostrabile (quindi inutile). Bastano i fatti per dare un giudizio sulla scelta di non sciogliere le Camere dopo i disastri del Governo Berlusconi ad inizio novembre 2011, e i fatti ci dicono che non appena il Governo Monti ha toccato alcuni temi basilari come la corruzione, il PdL ha tolto il suo sostegno. Quindi la scelta di non anticipare le elezioni è stata sbagliata perché poggiava sull'idea di poter cambiare il paese attraverso il senso di responsabilità di Berlusconi & co, ma come è noto il loro senso di responsabilità ha un argine invalicabile: i loro interessi.

A parole, Napolitano, dice di rispettare in modo ossequioso i dettami della Costituzione, ma alla prova dei fatti ha un modo tutto suo di interpretare le regole. Per questo non stupisce sottolineare come fino ad una settimana fa dicesse che non avrebbe accettato un nuovo mandato. Lui dice che l'ha fatto perché la situazione è eccezionale (evidentemente fino ad una settimana fa tutto era nella norma) e bisognava sbloccare lo stallo. Sarà, però intanto ha creato un precedente pericoloso perché adesso il doppio mandato non è un tabù. Non abbiamo mai avuto un Presidente rieletto, di conseguenza tutti i predecessori si sono trovati nella condizione di salire al Quirinale dopo che un parte, più o meno larga del Parlamento, aveva trovato una convergenza sul loro nome. Ma prima di essere eletti nessuno dei vecchi Presidenti della Repubblica ricopriva quel ruolo. Questo li metteva nella condizione di essere veramente i Presidenti di tutti, anche se salivano soltanto con i voti di alcuni (Presidenti eletti col 100% non ci sono mai stati). Invece Napolitano ha spudoratamente trattato la sua rielezione escludendo dal gioco una parte politica e l'ha fatto costruendo una soluzione sulle caratteristiche del futuro Governo. Quindi, nel processo di elezione, è stato parte attiva da un ruolo che nessuno in passato aveva ricoperto. Per questo motivo non può essere il Presidente di tutti perché ha deciso con chi trattare le condizioni per la sua rielezione e chi invece non era degno di considerazione. Il fatto che nel paese non ci sia una stabilità politica è un'aggravante. I principi cui Napolitano dice di ispirarsi sono idee astratte che, magari limitano le funzioni del Presidente, ma servono a prevenire comportamenti negativi e opportunistici. Una rielezione non c'è mai stata e quanto avvenuto ieri è un fatto grave, perché in futuro un Presidente, nelle stesse condizioni e con più poteri (come auspicano molti incauti politologi) potrebbe creare uno stallo politico al fine di restare saldamente al potere. Quindi potrebbe usare l'instabilità per assicurarsi un beneficio personale. Ora, mi sento di escludere che Napolitano sia animato da un simile fine, anzi il suo è nobile, ma intanto il precedente è stato creato.

Oltre a questo dettaglio ci sono alcune colpe formali. In primis il caso delle intercettazioni con Nicola Mancino. Non è stato neppure sfiorato dall'idea che non è proprio opportuno per un Presidente della Repubblica, nonchè vicepresidente del CSM, ascoltare le lamentele di un privato cittadino per poi intervenire a gamba tesa su faccende giudiziarie. Non so cosa prova quando commemora quei magistrati che hanno sacrificato la loro vita perché avevano l'idea, nobilissima, di servire uno Stato che non scende a patti col crimine. Napolitano si è fatto beffe di quest'idea, e anzi, per la seconda volta, ha mostrato che lui interpreta il ruolo in un modo personale. I giornali la chiamano saggezza, io la chiamerei discrezionalità. Poi ci sono le leggi vergogna firmate senza esitazioni. Napolitano, ad un cittadino che si lamentava, rispose che tanto se non firmava, poi il Parlamento le poteva riproporre uguali, quindi giustificava con questa scusa la sua mania di fare autografi. Formalmente è vero quanto diceva il Presidente, ma forse non aveva ben capito che il potere di rispedire al mittente le porcate aveva un valore simbolico, se poi il Parlamento riproponeva le leggi uguali, allora si mostrava una situazione di scontro istituzionale e questa l'avrei giudicata comunque positivamente perché evidenziava in modo chiaro la posizione degli attori in gioco. Napolitano invece le cose le interpreta a modo suo, lui firmava subito, ma poi non aveva la coerenza di dire, come avrebbe dovuto, che metteva il suo sigillo proprio perché le apprezzava e non riteneva necessario rispedirle al mittente. Infine l'invenzione dei dieci saggi: una cosa inconcepibile perché tale scelta escludeva una parte politica dalla discussione e getta, per un nesso causa - effetto che non può sfuggire, un'ombra sulla riconferma visto che è arrivata proprio dai partiti coinvolti.

Per tutti questi motivi Napolitano è stato un pessimo Presidente e il suo nuovo settenato comincia male. Per concludere un'amara considerazione: Napolitano si è fatto eleggere con i voti di quelli che occupano i Palazzi di Giustizia per difendere vecchi che non verificano la carta d'identità delle concubine, con quelli di Monti (nominato Senatore a vita da lui meno di due anni fa, quindi indipendente), ma i voti di un Movimento che prende percentuali bulgare tra gli under 25 si è ben guardato dal prenderli. Insomma, adesso si farà il cambiamento, ma lo si fa senza i giovani. O meglio i saggi cucineranno le ricette e chi non le accetta è un disfattista.