giovedì 31 dicembre 2009

La serie vincente dei Toronto Raptors

Andrea Bargnani e Marco Belinelli sembrano poter ambire ad un posto nei play off. I Raptors vantano un record leggermente negativo (16 W - 17 L), ma ciò è più che sufficiente per mantenere il sesto posto nella Eastern Conference. La franchigia canadese ha mostrato una netta evoluzione rispetto alla squadra confusa e poco creativa della prima parte di stagione. Oggi i Raptors beneficiano del contributo positivo di molte incognite (Weems su tutti) e l'infortunio di Calderon, che ha determinato la promozione di Jack a play titolare, è coinciso con l'inversione di tendenza. Il team è riuscito a fare di necessità virtù, Jack ha avuto l'indubbio merito di favorire un maggiore coinvolgimento di tutti i giocatori, mentre il play spagnolo si ostinava a giocare su Bosh. Il primo a trarre vantaggio dalla situazione attuale è Hedo Turkoglu, oggi spesso si traveste da assist man, e la squadra gioca decisamente meglio.

In questo quadro positivo gli italiani non sfigurano. Bargnani è una certezza, ad oggi viaggia con quasi 16.7 punti di media e se la sua percentuale da tre è solo del 35% circa, va anche ricordato che ha aumentato minutaggio, rimbalzi a partita (6 circa) e percentuale dal campo (47%). Belinelli invece non ha percentuali buone, dal campo viaggia sotto il 40% e sembra troppo legato alla soluzione del tiro da fuori. L'ex fortitudo sta però giocando bene e gode di una discreta fiducia, anche se forse si sarebbe aspettato un minutaggio superiore.

Per il resto la Eastern Conference non riserva sorprese. La vetta se la giocano in quattro: Cleveland, Orlando, Boston e Atlanta. Dietro queste ottime squadre c'è, staccata di un abisso, Miami, poi i Raptors e dietro c'è una grande bagarre tra franchigie con record pesantemente negativi. Oggi l'ottava piazza è occupata dai Chicago che vantano un ruolino di marcia con 12 vinte e 17 perse. I New York Knicks di Mike D'Antoni sono vicini ai Bulls (12 W - 20 L) e stanno mostrando un ottimo Danilo Gallinari. L'ex Armani sta giocando un'ottima stagione e gode dell'assoluta fiducia del team, anche se spesso subisce l'egoismo di alcuni compagni di squadra, in particolare di quelli che hanno già la valigia in mano. Questo spirito di squadra che manca è il principale ostacolo tra la post season e questi New York Knicks.

Il vecchio Lance non perde il vizio

Lance Armstrong è tornato a rilasciare dichiarazione contro Alberto Contador, cioè contro il suo ex compagno di squadra e vincitore del Tour 2009. Quando si parla di Armstrong è sempre difficile scindere efficacemente la sua attività extra sportiva con il suo operato da ciclista. Spesso si crea una grande confusione, e gli innegabili meriti di Lance nel sociale finiscono per coprire alcuni suoi atteggiamenti discutibili sulle due ruote. In quest'articolo non ho la benchè minima intenzione di mettere in discussione l'attività di Armstrong nel sociale che, attraverso la sua fondazione Livestrong, svolge una fantastica opera di ricerca e supporto per i malati di cancro. Qui non si parla di queste cose serie (che rendono Armstrong un grande uomo), ma delle cose futili, come appunto il ciclismo.

Lance non mi è mai sembrato un gran signore sulle due ruote e non ha mai svolto un'attività seria per dissipare alcune nubi riunite attorno alle sue performance. Nel 2000 arrivò in coppia con Pantani in cima al Mont Ventoux. Vento terribile, i cartelli con le indicazioni della distanza rimanente erano tutti saltati, e quando la strana coppia giunse sul traguardo Pantani precedette d'un soffio Armstrong. La cosa sembrò normale, infatti Armstrong era in maglia gialla ed è prassi comune che, in un arrivo a due, il leader della classifica generale lasci la tappa al compagno d'avventura. Ma è proprio in questo frangente che Lance mostrò il suo lato da "dittatore" (sportivo) e, qualche giorno dopo, si lamentò perché il Pirata non l'aveva ringraziato e per l'occasione inventò anche il soprannome de "l'elefantino". Era come se con quel regalo, che tale poi non è, Armstrong pretendesse pure un patto di non belligeranza con l'unico atleta che realmente lo infastidiva (e che infatti venne escluso dalle edizioni future). Ma dare qualcosa pretendendo una lauta ricompensa non mi sembra che rientri nella categoria dei "regali".

L'altro grande scivolone di Lance è nella gestione del caso Simeoni. In quell'occasione il texano non agì solo, con lui c'erano buona parte del peloton, ma di sicuro l'atteggiamento tenuto da Armstrong & co contribuì ad alimentare i sospetti di chi descriveva l'ambiente ciclistico alla pari di un mondo in cui l'omertà era un valore sacro.

Tornando ai giorni nostri c'è però l'affaire Contador. Nel 2009 lo spagnolo e l'americano hanno corso insieme nell'Astana. La convivenza è stata dura e tormentata perché tra i due non c'è mai stato un gran feeling e l'infelice sodalizio s'è così sciolto. Lance, con la solita pletora di fedelissimi (Bruynell e gregari vari), non ha faticato a trovare uno sponsor americano, ed è nata la Radioshack, che comprende praticamente tutta l'Astana del Tour 2009. Se per Armstrong questo dato testimonia la scarsa capacità di Contador di essere uomo squadra, si potrebbe anche obiettare che la stessa notizia dimostra come Contador abbia vinto un Tour da separato in casa, con un team che era palesemente schierato con l'americano. Poi, siccome Armstrong si autodefinisce "uomo di mondo", credo che non avrà problemi a considerare pure l'importanza del denaro in certi rapporti umani. Forse si potrebbe approfondire il tema dell'essere uomo squadra prendendo in esame le offerte economiche di Radioshack (futuro team di Armstrong) e Astana per i vari Kloeden, Leipheimer, Zubeldia, ecc.

L'altro aspetto su cui Armstrong calca la mano sta nel sottolineare i presunti limiti tattici del rivale spagnolo. Per chi non lo sapesse Contador perse per un ventaglio in pianura una quarantina di secondi e nel gruppo davanti oltre alla Columbia, al lavoro per Cavendish, c'era pure l'Astana, che di certo non lavorava per Contador, essendo lo spagnolo nel gruppo dei ritardatari.

Ma la cosa che più stupisce è sentire questo texano, capace di cose fantastiche lontano dalla bici, e indispettito, come il più viziato dei bambini, al punto tale da non accettare la sconfitta e le critiche. Mentre qui si parla del nulla restano pesanti ombre sull'americano. Le analisi del 1999, l'affaire Us Postal - Actovegin del 2000, la positività di tutti i suoi compagni di squadra più illustri e le indagini sull'Astana 2009 sono ombre difficili da cancellare, e nascondersi dietro una sorta di immunità per meriti sociali non aiuta il ciclismo.

Articolo di Sportitalia

mercoledì 30 dicembre 2009

Una Juve da terza stella...

Dopo l'illusoria vittoria con l'Inter, la Juventus ha dato inizio ad una serie sconcertante di prestazioni. E' come se la gara con gli "odiati" rivali nerazzurri avesse assorbito tutte le energie dei bianconeri che, nello scontro diretto, hanno messo in campo un grande agonismo, mentre sono sembrati completamente confusi e svuotati nelle successive tre gare. La via crucis bianconera è iniziata in Champions League contro il Bayern Monaco. La Juve è stata semplicemente ridicolazzata e il 4 a 1 finale rispecchia in modo onesto l'andamento di una gara che non poteva essere giocata peggio. L'eliminazione dalla Champions è stata una mazzata inattesa, sia per l'euforia post vittoria (di nervi) con l'Inter che per la mediocrità della squadra tedesca.

Ma è proprio in queste situazioni che emerge il polso di una dirigenza che (ahimè) non è abituata a gestire un team calcistico. Blanc & co hanno il merito di aver presentato un bilancio in attivo, ma la Juventus resta, prima di tutto, un club sportivo. I dirigenti bianconeri così sono forse troppo ragionieri e troppo poco competenti, non sembra che capiscano molto di calcio e quando parlano sono costretti a travestirsi (maldestramente) da pseudo tifosi, al solo fine di raccogliere qualche simpatia tra i supporters.

Capita così che, a rileggerle oggi, certe sparate sulla terza stella risultano patetiche. Dopo la Waterloo di Champions la Juventus è naufragata pure in campionato dove è stata ridicolizzata dal Bari e dal modesto Catania. Sul banco degli imputati sono saliti i due neo acquisti, i brasiliani Diego e Felipe Melo, ma le responsabilità non sono solo loro. L'anno scorso la Juve aveva un allenatore diverso che ha pagato con l'esonero per alcune fragilità difensive costate molti punti. Le sconfitte del 2008/09 con Cagliari, Palermo, Napoli, Udinese,..(senza contare i pareggi interni con Lecce, Chievo,ecc) sono costati la panchina a Ranieri, ma oggi la squadra gioca peggio e non ha migliorato alcuno dei suoi difetti. La difesa continua a fare acqua e sbanda contro le squadre che puntano forte sul contropiede, il centrocampo è troppo scoperto (l'addio di Nedved pesa come un macigno) e l'attacco non può bastare.

Serve una svolta, l'arrivo di Bettega può svegliare un ambiente rassegnato, ma da solo non basta. Ferrara deve avere l'umiltà di ammettere certi errori strutturali e deve impostare una squadra più prudente e più grintosa. Il centrocampo a tre più Diego trequartista sta rovinando Melo (che gioca bene quando c'è Sissoko, chissà perché?) e lascia la difesa troppo scoperta davanti alle ripartenze avversarie. E Cannavaro, che magari farà un buon Mondiale, non ha più la forma per garantire una stagione di nove mesi al top.

giovedì 17 dicembre 2009

L'insignificante giudizio di Schifani sui social network

Dall'alto della sua formidabile esperienza informatica, Renato Schifani ha sviluppato la sua proposta per regolamentare la rete. Purtroppo per noi, il Presidente del Senato non ha la più pallida idea di cosa sia la rete e quando si azzarda a paragonare i gruppi di "facebook" con quelli armati degli anni '70 dimostra la sua incompetenza. L'arrivo di Internet rappresenta un'innovazione radicale che può essere compresa solo usando il pc e interagendo con gli utenti, solo allora si possono comprendere i limiti del web e capire l'importanza di un uso responsabile della rete. Forse una vera battaglia educativa potrebbe essere condotta agendo sui minori e istruendoli ad un uso razionale del web, il che significa dare il giusto valore ai contenuti (principio della prudenza) e fidarsi poco degli adescatori on line. Queste sono le vere minacce del web, ma come è noto i minori non votano e così possono proliferare le chat in cui vecchi porci adescano minorenni.


L'avvento del web ha creato una situazione comunicativa che non ha precedenti e qualunque confronto con le tecnologie passate (radio, tv, stampa) è fuorviante.

Nelle proposte della Carlucci, di Schifani e dei soloni berlusconiani, vedo  il tentativo di banalizzare una realtà complessa ed eterogenea. Si prende spunto solo dagli episodi negativi  e questi vengono usati per dare l'etichetta dell'untore all'intero mondo del web. Ma se ragionassimo in questo modo allora dovremmo vietare tutto ciò che ci circonda, dalle auto, alle armi, del resto ogni cosa può diventare pericolosa.

Come già detto la rete è unica per diversi motivi. In primo luogo dobbiamo pensare alla varietà e quantità dei contenuti che possiamo trovare. Su Internet si trova di tutto, ma spetta poi al singolo utente valutarne affidabilità e pericolosità. Un altro aspetto concerne i meccanismi di comunicazione. Così come una telefonata è diversa da un'epistolare lo stesso vale per il web (dove tra l'altro si può comunicare in molti modi, MSN, blog, mail), ma qui c'è l'aggiunta dell'effetto "ciabatte". Dietro ad un monitor e con i piedi al calduccio siamo tutti più leoni e certi giudizi radicali (espressi da chi non si controlla) sono tipici della comunicazione in Internet. Non voglio giustificare la maleducazione e l'intolleranza di certi contenuti, ma il web non è un posto per i permalosi e ognuno ha la possibilità di scegliere come esprimersi. L'altro aspetto rilevante è che la scelta dei siti da visitare è autonoma, quindi, se escludiamo i banner pubblicitari, l'utente seleziona i contenuti che lo interessano.

Varietà, quantità, meccanismi di comunicazione e selezione dei contenuti, sono queste le vere novità di Internet e chi giudica la rete solo sulla base del successo di Grillo, del No B-Day e di quattro gruppi goliardici, dovrebbe solo tacere. Del resto i gruppi che inneggiano all'odio sono la quotidianità di "facebook", e scandalizzarsi solo per alcuni di essi rappresenta un comportamento scorretto, tipico dei finti liberali.

P.S. la morale di Schifani sul web vale quanto un mio giudizio sul football americano.

mercoledì 16 dicembre 2009

Tanta voglia di censura

Dopo l'attentato subito da Berlusconi sono comparsi alcuni gruppi in facebook in cui si inneggiava all'attentatore. Il centro destra, o almeno la parte più becera di esso, ha inscenato una squallida caccia alle streghe per processare, in contumacia, i presunti colpevoli che, guarda un po', corrispondono con tutte quelle persone o aree della società che hanno un giudizio negativo sull'operato dell'esecutivo. L'attacco alla rete viene esercitato da un gruppo di parlamentari che non hanno mai mostrato il minimo interesse per comprendere le finalità e le potenzialità di Internet. Del resto buona parte dei parlamentari italiani appartengono ad una generazione che ha vissuto la rivoluzione televisiva, e lì s'è fermata. Lo scarso interesse per Internet è un limite rilevante per chi si propone l'obiettivo di regolamentarlo: se fossero un po' più esperti forse potrebbero comprendere i meccanismi di autogestione (automatici) e la difficoltà di legiferare su un settore così vasto ed eterogeneo.

Su Internet si trova di tutto (anche tante porcherie) e l'opera di prevenzione non deve essere fatta vietando le libertà, ma educando le nuove generazioni ad un uso più responsabile dello strumento. I gruppi su facebook hanno suscitato un vespaio di polemiche, ma forse dovrebbe preoccupare non il fatto che ci fosse un gruppo pro Tartaglia, ma le 60.000 adesioni che ha registrato in meno di un giorno! Se si vieta senza educare allora si accetta (consapevolmente) l'inciviltà, tanto quello che basta è non vederla.

Discorsi complicati per Maroni & co, gente che ignora persino l'eterogeneità che esiste tra il popolo della rete. La loro politica è bidimensionale, c'è posto solo per noi e per voi, per la destra e la sinistra, per il Bene e il Male (come disse il Presidente B., vero Alfano?). La rete è così catalogata come Male. Nello stesso calderone ci trovi il calunniatore e chi prova a pubblicare libere opinioni rispettose di quelli altrui (rispetto non significa condivisione!). E poi arriva la Carlucci che, dall'alto della sua competenza, vuole introdurre il divieto dell'anonimato. Del resto si mettono i divieti rigidi laddove non si capisce molto, educare ad un uso responsabile e rispettoso richiede troppa fatica, e forse non porta molti voti.

martedì 15 dicembre 2009

La fiducia sempre e comunque

Adinolfi aveva detto di preferire Berlusconi a Fini perché il populismo è più facile da battere rispetto al trasformismo. Non esprimo alcun opinione personale, anche perché per come è scritta la frase precedente si potrebbe ricavare l'impressione che l'obiettivo è quello di combattere sia l'uno che l'altro, ma di certo Adinolfi dimostra come un ragionamento non sempre è degno di entrare in tale categoria. Tanto per fare un esempio si potrebbe ricordare che il "populista" ha vinto 3 delle ultime 5 elezioni e, in occasione dell'ultima sconfitta (2006), ha costretto il centro sinistra al suicidio politico.

E' bello comunque sapere che il "trasformista" è accusato del reato d'aver cambiato le sue idee, quando in Italia accettiamo che metà del Parlamento sia trasformista per opportunità (e le idee di questi ballerini le cerchiamo a Chi l'ha visto). La vera domanda, che Adinolfi & co non fanno, è quella di comprendere quanto sia sincero il Presidente della Camera. Oggi Fini è finalmente uscito dall'ambiente politico troppo nostalgico e autoreferenziale in cui è cresciuto e sta iniziando a costruire un progetto politico che guarda al futuro, mentre il resto della destra si perde tra l'evocazione dell'eterno spettro comunista o continua ad alimentre disquisizioni storiche di dubbia utilità per il paese (per l'amor del cielo non sono temi inutili, ma alla politica si chiede anche altro).

Fini sta onorando il suo ruolo istituzionale e oggi ha fatto bene a criticare la questione di fiducia posta sulla Finanziaria. Bondi l'ha redarguito e ha deciso di sposare il delirio di Sallusti: se Fini critica il Governo allora fomenta la violenza. Ma con un Governo che decide senza ascoltare e vuole anche avere la pretesa di appiccicare (a suo piacimento) l'etichetta dell'untore a chi non si adegua, rischiamo di non distinguere la critica dall'odio. E tale distinzione non può essere fatta unilateralmente da una delle parti in causa.

La colpa è sempre degli altri..e i problemi restano irrisolti

Anche davanti ad una tragedia sfiorata osserviamo il rivoltante populismo dei soliti noti. Qualunque osservatore onesto concorderà sul fatto che in Italia c'è un clima politico pesante e le cause vanno ricercate in entrambi gli schieramenti, evitando però di confondere la garbata critica politica mossa da alcun aree, coi toni da osteria che portano avanti alcuni piazzisti. Di Pietro ha deciso, da tempo, di adottare un linguaggio verbale, magari onesto, ma sicuramente volgare e inadeguato per il ruolo politico che ricopre. Partendo da questo dato di fatto non dobbiamo però dimenticarci dei toni usati dalla vera vittima (Berlusconi), che non ha mai perso occasione per attaccare indistintamente sia chi lo critica che chi lo offende. Il premier ha contribuito a questo decadimento verbale e chi si ostina a non considerare questa porzione della realtà commette una grave leggerezza. Così come suonano ridicole le parole di tutti quei leghisti che, da buoni cristiani, vedono la pagliuzza degli altri, ma ignorano la trave nei loro occhi.

In mezzo a questa confusione bisogna lodare l'impegno del Presidente Napolitano che, da mesi, continua a richiamare tutti ad un abbassamento dei toni. Qualcuno però fa orecchie da mercante e così assistiamo ad una nuova offensiva dei soliti noti. Cicchitto vede solo le responsabilità altrui e riversa il suo odio personale contro Travaglio, reo di aver scritto inni all'odio contro Berlusconi. Quest'atto di sfida mostra l'opportunismo senza limiti di alcuni personaggi (che si fanno chiamare politici), prima accusavano Travaglio di scrivere cose false, ora invece usano l'effetto emozionale al fine di demonizzare lo storico rivale. Ma Travaglio ha sempre criticato Berlusconi perché non ne condivide le scelte politiche. Certo, non ha scritto mai pezzi di elogio per le (poche) cose fatte da B. che condivide, ma non dobbiamo dimenticarci che il Travaglio deve anche "soddisfare" il suo mercato e ciò che conta è che scriva cose in buona fede. Del resto lo stesso Confalonieri ha elogiato Feltri perché con lui "si vendono più copie", peccato che l'obiettivo venga raggiunto attraverso l'uso ripetuto di falsi scoop (Di Pietro e Boffo). Insomma, l'informazione non si misura col bilancino per contare il numero di articoli pro o contro, ma ciò che conta è solo l'onestà di chi scrive.

Capita così che un certo Sallusti se ne esca con un articolo che Granata (PdL) ha definito "un delirio". Il vice di Feltri ha esposto il suo teorema: essendo stato Berlusconi sfregiato, sono da considerarsi "mandanti morali" tutti quelli che hanno ostacolato il premier. Corte Costituzionale, CSM, Fini, Casini, Di Pietro, Repubblica, Espresso, PD, ecc, tutti insieme appassionatamente, in questo modo emerge chiaro l'obiettivo assolustico: chi non è con lui è un terrorista! In questo calderone Sallusti mette quegli organi di garanzia che sono alla base delle vere democrazie e soprattutto, prova ad attuare il misero gioco da bambini di annullare la fondamentale distinzione tra politica e osteria, accumunando Fini e Casini con altri personaggi di altra caratura. E tutto è perfettamente in linea con le parole di Napolitano, che invece descrivono una colpa collettiva, la quale può essere risolta solo attraverso un abbassamento dei toni generalizzato. I provetti Sherlock Holmes dovrebbero starsene zitti.

lunedì 14 dicembre 2009

Gli idioti

L'aggressione fisica subita da Berlusconi è vergognosa, ma è ancora più disgustosa la serie di reazioni cui stiamo assistendo. Tra tutti quelli che hanno parlato si salvano i soliti noti, ovvero Bersani, Casini, Fini e Napolitano, tutti gli altri "politici" hanno perso una buona occasione per stare zitti.
Da Di Pietro a Rosy Bindi, da Capezzone a Cicchitto, abbiamo visto il solito teatrino con tante piccole persone che provano a scaricarsi reciprocamente le responsabilità del gesto per dare un senso alla loro insignificante attività politica. Non so se ha ragione Di Pietro quando dice che "lui è contro la violenza, ma va pure detto che Berlusconi istiga". Non so neanche se abbia ragione Rosy Bindi quando invita il premier a "non fare la vittima perché è lui uno degli artefici del clima violento". Al tempo stesso trovo ridicole e di pessimo gusto le parole di Capezzone e Cicchitto che individuano nell'opposizione il mandante occulto. Del resto anche un bambino dell'asilo capirebbe che il clima d'odio c'è e sono in tanti (troppi) ad alimentarlo con le loro dichiarazioni e reazioni, e di certo non siamo in un momento in cui bisogna scaricare le eventuali responsabilità sugli altri.
Tra tutti gli squallidi politichetti si erge un (brutto) giornalista: Alessandro Sallusti. Questa mattina su La7 ha detto che anche Casini è uno dei mandanti politici perché Di Pietro aizza l'odio e Casini ha dato la sua disponibilità ad un'alleanza "democratica". Ragionamento da imbecilli, con tutto il rispetto per i veri imbecilli, perché Casini è da ritenersi responsabile per le sue azioni e non per quelle di eventuali alleati. Comunque è l'intero gioco della "caccia al mandante" a sembrare idiota: il clima è pesante, le colpe sono condivise (basta leggersi le dichiarazioni degli attori in gioco) e solo un'ammissione di colpa collettiva può togliere il paese da questo stallo. Del resto lo sfregio è un atto violento e ancora più imbecille delle parole di Sallusti, ma non può diventare un pretesto per pretendere una beatificazione o un colpo di spugna su molti provvedimenti.
La solidarietà umana non deve al tempo stesso mancare perché ci può essere una forte divergenza di opinioni, ma questa non deve mai sfociare nella violenza, e chi giustifica un tale atto, cercando cause politiche, finisce per accettare il trattamento che il Tartaglia ha riservato al premier.

domenica 6 dicembre 2009

E se Spatuzza mentisse...

Fini aveva parlato di una "bomba atomica". L'avvocato di Dell'Utri aveva replicato sostenendo che si sarebbe trattato solo di un innocuo petardo, ma di certo le rivelazioni del presunto pentito Gaspare Spatuzza sono un elemento che getta una luce oscura sull'inizio degli anni Novanta, e quindi sulla nascita della Seconda Repubblica. Al momento attuale è difficile aggiungere altro perché, come hanno giustamente ricordato molti parlamentari di PD, IDV, PdL e UDC, queste dichiarazioni devono ancora trovare un riscontro nei fatti. Tutti quei politici che hanno espresso commenti prudenti hanno fatto bene, sarà compito dei magistrati valutare l'affidabilità del mafioso. Qualche professore di logica si diverte invece ad esercitare la difesa preventiva. Il fido Gasparri parla di discordanza tra le parole di Spatuzza e l'azione di questo Governo, ma dimentica di ricordare che la deposizione riferisce di fatti pre '95 e molto probabilmente l'elemento che lui introduce nella discussione è insignificante rispetto al tipo di indagini e valutazioni che dovranno fare i magistrati.

Senza entrare nel merito della deposizione di Spatuzza, si può però tracciare un quadro logico della situazione. L'Italia è un paese lunatico dove non trovano asilo l'equilibrio e la razionalità. A livello di popolarità personale Berlusconi è stato molto furbo nello sfruttare i difetti dell'italiano medio, che è abituato ad amare o ad odiare intensamente, che non conosce le mezze misure e, soprattutto, spesso valuta la realtà in modo approssimativo. Nonostante gli sforzi di alcuni giornalisti, l'italiano medio non riesce a percepire la complessità della realtà, che poi si rispecchia nelle contraddizioni che coesistono in ogni essere umano.

Questi limiti di noi italiani portano allo scenario politico attuale, in cui l'opinione pubblica si divide tra forcaioli e garantisti con qualche rara eccezione. Non voglio di certo scrivere un elogio di Casini, ma è evidente che certe prese di posizione sono precostituite e non prendono spunto da un'analisi approfondita e completa della realtà. In un paese ideale è invece accettabile una polarizzazione delle opinioni solo se è figlia di un processo approfondito di analisi della realtà, mentre in Italia abbiamo il vizio di schierarci e poi di valutare (se abbiamo tempo libero!).

Potrebbe sembrare assurdo, ma in un paese come l'Italia le dichiarazioni di Spatuzza non possono essere un petardo, comunque vada saranno una bomba atomica perché l'italiano non conosce la prudenza. Se Spatuzza dicesse il falso avremmo la beatificazione di S.Silvio e S.Marcello. Sono disposto a scommettere che i due inizierebbero una bella campagna per esaltare questa dimostrazione di estraneità, ma di certo non resisterebbero alla tentazione di estendere l'ipotesi di complotto per rivalutare i processi in cui le dichiarazioni di Spatuzza non hanno nulla a che fare. Un tale atteggiamento (molto probabile!) sarebbe stupido, ma troverebbe anche l'approvazione dell'italiano medio che, forte del suo inutile buonsenso, potrebbe pensare che un'assoluzione, in un caso particolare, è sinonimo di santità assoluta. Se viceversa Spatuzza dicesse la verità avremmo la demonizzazione totale dei due politici.

Qualunque cosa accada sarà bene evitare di buttare tutto nel pentolone, bisogna stare attenti a non mischiare processi e responsabilità completamente scorrelate perché di santi (e diavoli) non se ne vedono in giro.

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sabato 5 dicembre 2009

La visione parziale di Ghedini e il tentativo di demolire un sistema basato sulla reciproca fiducia

Ad Annozero dovrebbero prendere in seria considerazione la possibilità di staccare il microfono a chi non sta parlando perché il comportamento tenuto da alcune persone è veramente fastidioso. L'onorevole Ghedini, tanto per citare l'ultimo, ha parlato ininterrottamente per tutta la trasmissione e ha dimostrato di essere un buon avvocato (almeno così dicono), ma di ignorare completamente la differenza tra il diritto alla difesa e le fondamenta di uno stato di diritto. Non è questione solo di comportamenti, ma di contenuti. Per oltre due ore l'avvocato ha immaginato di essere in un'aula di un processo, dove doveva battersi come un leone per difendere gli interessi di chi lo paga, ma così facendo ha creato una bella confusione dando l'impressione di ignorare (volutamente) la differenza che esiste tra una verità giuridica e un'ipotesi difensiva.

La ricostruzione di Travaglio e del team di Annozero sarà pure stata basata su sentenze non definitive, come ad esempio quella di Mills, ma si basa sugli atti depositati da chi svolge il compito di giudicare, sulle base delle ipotesi definite dalla accusa e dalla difesa. Ghedini invece dimostra di non rispettare questo principio cardine della democrazia perché ha continuato a recitare la parte del difensore ad oltranza, che prova a convincere il pubblico della validità della sua tesi. Ma a parte qualche scellerato leghista che vorrebbe imporre i giudici scelti dal popolo (cioè vuole il papocchio), non è il popolo che è chiamato a giudicare l'innocenza o la colpevolezza, ma è proprio chi esercita il potere giudiziario a giudicare e dovrebbe avere qualche competenza in più, rispetto al primo passante che capita, per valutare correttamente l'attendibilità delle ipotesi.

Del resto il nostro sistema sociale si basa sulla fiducia e sulla divisione dei compiti. Questo schema si scontra con quelle persone arroganti che portano nella testa l'idea egocentrica del "ghe pensi mi", ma è fondamentale per determinare il progresso dell'intera società. Se ci pensiamo bene viviamo in un mondo dove da sempre c'è stata una divisione delle attività, in modo da favorire la specializzazione dividendo allo stesso tempo le responsabilità. Questo discorso vale per il medico, per il tramviere, per il bancario e per il notaio, ecc, e guarda un po', include anche la giustizia. La mancanza di fiducia reciproca farebbe crollare l'intero sistema, ma è un prezzo che può essere ritenuto soddisfacente solo da chi non ha nulla da perdere.

Il discorso sulla fiducia vale anche per le dichiarazioni del pentito Spatuzza, la cui attendibilità sarà correlata alla sua capacità di portare riscontri oggettivi che confermano le sue parole. Come è stato detto da più fonti saranno i magistrati a svolgere il loro mestiere e a valutare l'affidabilità del presunto pentito. Sarebbe bello vedere una piena collaborazione anche delle persone chiamate in causa. Se come dicono sono innocenti, allora avrebbero tutto l'interesse a calpestare il sacrosanto diritto alla privacy per mostrare al paese intero la loro integrità. Svelare i presunti misteri sull'evolzione dell'azionariato di Fininvest, scoprendo le carte e raccontando per filo e per segno il sistema di scatole cinesi che governa la holding (e non è l'unica!), rappresenta una potenziale violazione della privacy, ma garantirebbe un beneficio d'immagine incredibile e metterebbe a tacere, una volta per tutte, i vari D'Avanzo & co.

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New York e Toronto vincono!

I Toronto Raptors provano a rialzare la testa e si impongono a Washington all'overtime grazie ad un canestro decisivo di Turkoglu (finalmente!), ma devono anche ringraziare i Wizards per la serie incredibile di errori balistici commessi durante l'ultima azione. Questa vittoria può essere importante per il morale dei Raptors perché riscatta la pesante sconfitta patita ad Atlanta, dove Toronto ha subito più di 140 punti nei 48 minuti regolamentari, ed in chiave playoff pareggia il conto coi Wizards dopo la sconfitta casalinga di inizio settimana. Sempre ragionando sull'obiettivo dei playoff balzano all'occhio alcuni dati che testimoniano l'abisso tra Western ed Eastern Conference. Se prendiamo le statistiche sulle ultime 10 partite giocate dalle squadre di tutta la NBA osserviamo come ad Est vantano un record in pareggio o positivo solo 5 squadre su 15 (Boston, Orlando, Cleveland, Atlanta e Washington), mentre ad Ovest il rapporto è completamente diverso, infatti i team con una striscia positiva o in pareggio nelle ultime 10 gare sono 13 su 15 (tutte, escluse Golden State e Minnesota). Lo squilibrio della competitività tra Est e Ovest è supportato anche dall'analisi dei record delle squadre attualmente ai playoff. Ad Ovest Sacramento e Oklahoma City sarebbero fuori dei playoff, ma vantano un record positivo. Ad Est al sesto posto c'è Milwaukee (in pareggio), e dopo troviamo Chicago e Charlotte. I Bobcats sono in compagnia dei Wizards e vantano un record di 7 vinte e 11 perse.

Tutti questi dati sono in linea con lo squilibrio creatosi negli ultimi anni e alimentano il sogno dei Raptors e (perché no?) dei Knicks. Toronto dopo la vittoria coi Wizards vanta un record di 8 vinte e 13 perse, i Knicks hanno espugnato il parquet di Atlanta e sono a 5 vinte su 20. Non sono ruolini di marcia impressionanti, ma bastano per restare agganciati alla fatidica ottava posizione.

Gli italiani non hanno raccolto grande gloria nell'ultima esibizione. Bargnani ha sfiorato la doppia doppia - 16 punti e 9 rimbalzi -, ma dal campo ha registrato uno scadente 6 su 20. La sua stagione resta ampiamente positiva grazie alla fiducia di Triano e ai suoi progressi: sporcare le statistiche e portare a casa qualche successo di squadra non rappresenta un problema. Dopo i 19 punti di Atlanta, Belinelli è incappato in una serata no - 0 su 4 dal campo -. Gallinari è rimasto a riposo per precauzione, ma la sua settimana è più che positiva se consideriamo che i Knicks hanno battuto Phoenix, con 27 punti del Gallo, se la sono giocata coi Magic, altri 20, e hanno espugnato il campo degli Hawks. Adesso arriva il derby coi Nets e può essere un'ottima occasione per provare ad iniziare una mini striscia positiva.

venerdì 4 dicembre 2009

Ma Fini cos'ha detto di sconvolgente?

Tra Fini ed il magistrato Trifuoggi si parla di giustizia e del premier. Fini espone delle osservazioni che mi sembrano razionalmente condivisibili perché segnala che le eventuali dichiarazioni del pentito Spatuzza devono essere maneggiate con grande cautela, in quanto i temi trattati da alcuni procedimenti sono talmente delicati da non concedere alcun margine d'errore. Al tempo stesso il Presidente della Camera ammette che il premier confonde la popolarità con una sorta di permesso ad eludere tutti i meccanismi di controllo che garantiscono l'autenticità della nostra democrazia. Insomma, Fini non ha detto niente di eversivo, ma ha solo espresso quei concetti di legalità, di prudenza e di separazione dei poteri che determinano la qualità delle democrazie. Mentre Fini sposta il dibattito su un piano qualitativo, arrivano i soliti discorsi superficiali di Schifani. Per lui la democrazia consiste solo nell'esercizio del diritto di voto, e così dimentica che la separazione dei poteri poggia sull'idea che bisogna creare un meccanismo capace di essere stabile e di arginare le ingerenze anti democratiche di una politica che può anche essere popolare. Del resto tra il fare una cosa giusta e il possedere una buona popolarità vi è una grande differenza.

Ma i berluscones di lunga militanza, come Cicchitto, Bondi e Scajola, e i veri traditori (M.G.), la pensano diversamente. Anche loro però confondono la leadership politica ed il carisma con l'assolutismo. Se Scajola critica queste parole di Fini e arriva a dire che "è lontano dalla linea politica del PdL", allora si aprono tre scenari. Il primo è che il Ministro non ha ascoltato le registrazioni, si è limitato a leggere il resoconto imparziale di Libero e del Giornale, e dopo non ha saputo controllare il suo stupore per questa evidente reato di lesa maestà. La seconda possibilità è che Scajola ha ascoltato, ma non ha capito il significato delle parole (possibilità da non escludere). La terza è anche la più probabile e consiste nel sostenere che la linea politica del PdL non si basa su nessuno dei fogli di carta che definiscono le ipotetiche linee guida del partito, ma si basa sulla venerazione del capo che, essendo generoso e disponibile a ricompensare i fedeli, deve essere difeso "ad ogni costo" (anche se preferisco Creep dei Radiohead).

Tra le tre possibilità presumo che quella vera sia l'ultima, e quindi ci troviamo con un partito di maggioranza relativa che non ha idee e valori, nel senso originale ed elevato del termine. L'unità del PdL si basa solo sull'adorazione della persona che guida quel movimento politico, ed è preoccupante che tale motivazione sia talmente importante da delegittimare tutti i principi che Fini espone. Il povero Presidente della Camera paga le sue simpatie politiche giovanili e l'Italia è un paese troppo bigotto per distinguere la differenza che esiste tra chi cambia le idee e chi cambia padrone (tipo M.G.). Non credo potrà mai fare il premier perché dovrà convivere con l'ostilità di una certa parte politica, che lo apostrofa fascista, e, ahimè, dimostra di adeguarsi ai metodi di pensiero dei ferventi pidiellini (flessibili come un tondino).

martedì 1 dicembre 2009

I piani della Liquigas: Basso capitano

Nel ciclismo avere tanti galli nel pollaio è spesso sinonimo di confusione e liti interminabili. L'imbarazzante gestione del dualismo Contador - Armstrong è nella memoria degli appassionati, ma alla Liquigas devono pensarla diversamente, o magari ritengono di non avere quattro campioni di pari livello. L'anno scorso la Liquigas presentava quattro atleti che puntavano a fare classifica nelle corse a tappe. Ivan Basso rientrava dopo una squalifica di 2 anni (coinvolgimento nell'Operacion Puerto e parziale confessione) e l'ultima grande corsa a tappe cui aveva partecipato era il Giro vinto nel 2006. La Liquigas non poteva puntare esclusivamente sul varesino perché non vi era alcuna certezza sul suo rendimento, vuoi per i sospetti alimentati dal doping e vuoi per la lontananza dalle competizioni. Basso ha risposto ai maligni e ai dubbi con una stagione 2009 solida e costante. E' mancato l'acuto, ma il varesino ha chiuso al quinto posto il Giro d'Italia e al quarto posto la Vuelta di Spagna, dopo che aveva trionfato nel Giro del Trentino. Di certo Basso ha mostrato di dover lavorare molto sulla cronometro e di patire i cambiamenti di ritmo in salita, ma la sua stagione deve essere valutata positivamente.

I dirigenti della Liquigas dovrebbero pensarla in questo modo perché sembrerebbe che, per il 2010, punteranno forte sul varesino. Pellizotti, ottimo terzo al Giro e maglia a pois al Tour, sarà co-capitano nella manifestazione italiana, ma dovrebbe mettersi al servizio del compagno di squadra in Francia, mentre Nibali e Kreuziger dovranno concentrare la loro attenzione sulla seconda parte di stagione (Tour e Vuelta). Vincenzo Nibali ha corso un buon Tour, anche se è sembrato troppo timido nei momenti decisivi. Al momento attuale vale un posto tra i primi dieci, ma difficilmente può ambire ad entrare nei top five. Per Kreuziger vale lo stesso discorso, anche se il ceco mi pare più adatto per primeggiare nelle corse a tappe brevi. Per i due giovani non si tratta però di una bocciatura definitiva: sono giovani e devono fare ancora una o due stagioni di gavetta per capire quale sarà il loro futuro agonistico. Al momento attuale potrebbero fare classifica come capitani in un team dove mancano top riders (mentre la Liquigas ne ha già due).

Sulla Gazzetta si vocifera di un malumore di Nibali che, dopo l'ottimo Tour 2010, pretendeva maggiore considerazione. Ma la scelta del team mi pare essere logica perché Basso e Pellizotti hanno mostrato di essere più competitivi dei due giovani, e toccherà a Nibali e Kreuziger dimostrare di aver fatto quei progressi necessari per mettere in discussione le gerarchie interne.

La Lega e le contraddizioni dei cattolici

Le Lega Nord ha deciso di sposare fino alla fine la causa del populismo che garantisce voti (e poltrone) nel breve termine, ma che difficilmente consente di costruire un paese realmente stabile, coeso e competitivo. Negli ultimi due anni di Governo l'azione dei Ministri leghisti è sotto gli occhi di chiunque non crede al vino annacquato che vendono alcuni giornali. Maroni ha dapprima enfatizzato l'emergenza sicurezza, e grazie a quella campagna la Lega ha ottenuto un ottimo risultato alle europee, ma poi si è dimenticato di tradurre in fatti le parole e gli slogan. Tutte le decisioni economiche prese da questo esecutivo contraddicono la centralità della sicurezza perché prima si sono tagliati i trasferimenti per le forze dell'ordine, e questa proposta di riforma della giustizia non sembra tutelare le vittime di tutti i reati. Ma è sempre pronta la scusa del "non ci sono le risorse". Balle. Il Governo ha deciso le sue priorità, come ad esempio il salvataggio di Alitalia effettuato secondo lo schema dei debiti che ricadono sulla collettività, mentre gli utili sono a vantaggio dei capitani coraggiosi (privati). Poi va anche detto che Brunetta stesso accusa Tremonti di immobilismo, ovvero di non fare molto per eliminare le inefficienze della spesa pubblica.

L'unica azione che riesce bene a Tremonti è quella dei tagli indistinti, in genere sui settori nevralgici come ad esempio sanità, istruzione e sicurezza. Se la Lega ritiene che quest'ultima è la priorità per il paese, allora dovrebbe avere la coerenza di lottare per garantire maggiori finanziamenti alle forze dell'ordine, ma a quanto pare la sicurezza verrà garantita attraverso altri metodi, come ad esempio le ronde..

L'altra ondata populista è arrivata con la sentenza di Strasburgo e con il referendum svizzero sui minareti. Castelli propone di mettere la croce nel Tricolore, ma se si ritiene che il simbolo cristiano è così centrale, perché non lo mette prima nella bandiera del suo partito? I misteri della Padania, mentre non poteva mancare l'onorevole Borghezio che vorrebbe un referendum per abolire i minareti in Italia. Il tutto mentre la Chiesa mostra il suo disappunto per il risultato della consultazione svizzera (dove hanno vinto gli abolizionisti) proprio perché questi due segni mostrano che in Europa si sta radicando un "laicismo ateo".

Ma chi ragiona solo secondo la logica della convenienza politica non è minimamente interessato a certi discorsi di medio - lungo termine. Quello che conta è accaparrarsi l'esclusiva dei simboli popolari e la croce è uno di questi. Poi poco importa se qualche esponente leghista crea su facebook un gioco in cui devi abbattere le navi dei clandestini (il che ha ben poco di Cristiano), ormai alla Lega hanno capito che anche in Italia c'è un cattolicesimo stile America Repubblicana. C'è gente che si dichiara cristiana, ma crea una gerarchia di valori tale per cui non rinuncia alle posizioni storiche su aborto, evoluzionismo, contraccezione, mentre dall'altra parte non è per nulla sensibile ai temi dell'uguaglianza, dei diritti civili e del razzismo. E la Lega è molto abile nello sfruttare lo smarrimento dell'elettorato "cattolico finto moderato".