martedì 30 novembre 2010

Quando i contenuti prevalgono sulla forma

"Vieni via con me" è stato un successo strepitoso. La trasmissione ha viaggiato attorno ad una media di 9 milioni di telespettatori, e sarebbero stati molti di più se la RAI avesse valorizzato il programma, trasmettendolo su RAI1. Invece in Italia abbiamo la fortuna di avere numerose aziende pubbliche gestite col solo scopo di non urtare gli interessi della politica. Nel caso della RAI gli interessi sono economici, perché la televisione pubblica è il principale competitor di Mediaset, e informativi. La politica teme un'informazione libera e tutti gli schieramenti politici che si sono alternati al Governo hanno provato, con risultati alterni, a condizionare le scelte editoriali dei telegiornali della RAI. 

Così, mentre infuocavano le polemiche su Saviano, in pochi chiedevano la rimozione di quel direttore che falsifica la realtà e che ha tenuto una condotta eticamente inaccettabile anche quando svolgeva l'attività di giornalista sulla carta stampata. Nell'ultimo anno Minzolini ha provato a nascondere di tutto, dalla prescrizione di Mills alle motivazioni della condanna di Dell'Utri, e oggi scopriamo che questo "giornalista" potrebbe risultare coinvolto in una vicenda su cui indaga la Consob perché nel 2008 avrebbe pubblicato false notizie su una fantomatica cordata di imprenditori italiani pronta a rilevare Alitalia. La notizia fu pubblicata poco prima delle elezioni, quando la vicenda Alitalia era in alto mare, ebbe quindi degli impatti sul risultato elettorale e quel falso produsse degli effetti consistenti sul valore del titolo quotato in Borsa.

Ma nessuno si sognerà mai di toccare il direttorissimo e nessuno si è scandalizzato quando il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo nel quale si sosteneva che Minzolini avesse ottenuto rimborsi spese per circa 60.000 euro. Nessuno pensa che in tempi di crisi sia doveroso assumere un atteggiamento morigerato, soprattutto quando si lavora per un ente pubblico e si è rimborsati coi soldi dei cittadini. Ma la RAI ha altri problemi e si dice che Masi volesse bloccare la trasmissione di Saviano. Lo scrittore di Gomorra e Fazio hanno confezionato un'opera originale, personale e di grande qualità. Certo, ha ragione Aldo Grasso quando critica alcune scelte perché televisivamente il prodotto poteva essere migliorato. Ma la vera novità è scoprire che una trasmissione improntata sull'impegno civico, sulla narrazione (lenta, forse troppo) di fatti scomodi abbia incontrato un successo incredibile. "Vieni via con me" è un esperimento irripetibile in cui, è questo è il principale merito, il contenuto prevale sulla forma. Finalmente.

lunedì 29 novembre 2010

Mai così alto il prestigio dell'Italia!!

Elizabeth Dibble è la diplomatica dell'Ambasciata USA in Italia che ha scritto alcuni dei documenti pubblicati da Wikileaks. In quei documenti sono contenuti giudizi netti e fortemente critici rispetto alla condotta del nostro Presidente del Consiglio. Berlusconi è associato ad aggettivi poco simpatici (inetto, inaffidabile, incapace..le 3 i del Governo del fare), come uomo si dice che sia più interessato agli affari personali che non alla gestione della cosa pubblica (infatti la Clinton voleva investigare sui rapporti con la Russia) ed è pesantamente criticato per la linea che sta seguendo nella politica estera. L'amicizia con Putin e Gheddafi è del tutto indigesta agli americani.

I berluscones sono apparsi in tv per anestetizzare la realtà. Rossella è stato patetico quando a "Otto e mezzo" ha provato a costruire un'astrusa tesi per la quale la Dibble sarebbe una persona insignificante e non può parlare per conto dell'amministrazione Obama. Forse qualcuno gli deve spiegare la funzione dei diplomatici, e intanto che c'è gli può anche impartire qualche lezione di logica per fargli capire che, se i giudizi della Dibble fossero stati ritenuti eccessivi, l'avrebbero degradata. Se invece la Dibble è rimasta al suo posto e scriveva, allora è chiaro che o era intoccabile o era giudicata affidabile. Ma si sa, l'amore può render ciechi.

Ad ogni modo i documenti di Wikileaks vanno presi con estrema cautela perché rendono pubblica la visione che gli americani hanno della geopolitica. Le critiche sulla politica estera sono dettate dal fatto che gli americani stessi giudicano inaffidabile la Russia e la vedono come un potenziale nemico. E' però curioso considerare che il miglior Presidente degli ultimi 150 anni (al max degli ultimi 2), quello della famigerata rivoluzione liberale, sia più attratto dalle sirene russe rispetto a quelle americane. Sulle feste selvagge non c'è niente di nuovo. La carne è debole, il premier lavora 15 ore al giorno e si deve rilassare. Poi se qualcuno gliele paga non disdegna.

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domenica 28 novembre 2010

Finalmente protagonisti

La pattuglia italiana sta vivendo la sua miglior stagione in NBA. 

I Toronto Raptors di Andrea Bargnani hanno un record negativo con sole 6 vittorie e ben 10 sconfitte, ma non sembrano tagliati fuori dalla lotta per i playoff e va ricordato che scontano il disastroso tour ad Ovest con cui hanno inaugurato la stagione in corso. Per il futuro dei Raptors bisognerà valutare l'impatto che avrà la trade definita una settimana fa con New Orleans e, soprattutto, il peso che avrà l'assenza di Reggie Evans. L'ex 76ers è stato fondamentale in questo inizio di stagione, e se i Raptors presentano un saldo positivo nella differenza tra rimbalzi presi e concessi, buona parte del merito è da attribuire allo stesso Evans. Forse è presto per dirlo, ma la partenza di Bosh è stata meno drammatica di quanto si potesse immaginare. L'anno scorso il team aveva numerosi passaggi a vuoto, come quest'anno, e la presenza di Bosh e Bargnani non era sufficiente per proteggere l'area pitturata. La coppia Evans - Bargnani sembra essere più completa perché i limiti dell'uno sono i punti di forza dell'altro (idem Evans - Bosh). A livello individuale Bargnani sta facendo un salto di qualità consistente. Viaggia sopra ai 20 punti di media, in difesa ha fatto qualche piccolo progresso e nel complesso dimostra di avere ulteriori margini di miglioramento.
 
Anche a New York il vento è cambiato. Dopo l'anno di transizione i Knicks di D'Antoni iniziano a prendere forma. Gli arrivi di Felton e Stoudemire sono fondamentali per il progetto in atto, e a Gallinari si richiede maggiore continuità. Per il momento l'ex Armani sta giocando una discreta stagione. Le statistiche dal campo non sono esaltanti (viaggia sotto il 40%), ma Gallinari non dà mai l'impressione di essere un corpo estraneo.

La nota più lieta arriva da Belinelli. Per tre anni ha vagato alla ricerca di una collocazione stabile. A Golden State ha subito le lune di Don Nelson, mentre a Toronto è stato inspiegabilmente dimenticato nel finale di stagione. A New Orleans Belinelli è stabilmente in quintetto, gioca circa 30 minuti a partita ed è spesso determinante. Il Beli non ha avuto picchi straordinari, ma si sta dimostrando estremamente regolare, garantendo anche una discreta intensità difensiva. Negli Hornets ha anche la possibilità di giocare in un team vincente, dove la presenza di Paul, Ariza e West, dovrebbe condurre la franchigia ai playoff.

L'indipendenza di Allegri

La stagione del Milan iniziò a luglio, con la contestazione dei tifosi non evoluti e una conferenza stampa surreale in cui Berlusconi attaccò arbitri di sinistra e Leonardo. Di quel monologo autocelebrativo si ricordano anche alcune memorabili frasi, come ad esempio gli elogi a Thiago Silva per il Mondiale disputato col Brasile, quando invece il forte difensore brasiliano non aveva giocato nemmeno uno spezzone di partita. Ma la vera caduta di stile, nel caso ce ne fosse mai stato uno, era rappresentata dagli attacchi a Leonardo. Le colpe dell'ex allenatore rossonero erano legate alla gestione di Pato, e all'incapacità di costruire un sistema di gioco in cui potessero trovare spazio tutti i calciatori tecnici del Milan. Berlusconi diede la sua lezione di tattica e spiegò lo schema che il Milan avrebbe dovuto adottare per sfruttare la fantasia di Ronaldinho e la classe di Pato. In quei momenti Allegri sembrò in evidente imbarazzo e in molti pensavano che l'avessero scelto perché avrebbe schierato la squadra rispettando i desideri presidenziali.

In questi mesi Allegri ha dimostrato di volersi costruire una posizione autonoma. Per lungo tempo ha inseguito il sogno berlusconiano, provando a far convivere Pirlo, Seedorf, Ibrahimovic, Ronaldinho e Pato. I risultati non sono stati scoppiettanti e la sconfitta netta maturata a Madrid ha mostrato l'inconsistenza di quel progetto. Da quel momento in poi Allegri ha cambiato filosofia e ha iniziato a modificare l'impostazione della squadra costruendola attorno al centravanti dominante del campionato italiano: Zlatan Ibrahimovic. Se Berlusconi sognava una squadra di solisti, Allegri sta invece costruendo una squadra completa e bilanciata, in cui Ronaldinho, Pato e Pirlo finiscono spesso fuori dall'11 titolare, mentre trovano spazio i tre mediani di quantità. Con queste scelte coraggiose Allegri sta mostrando un'inattesa autonomia. Ma i risultati e i fatti gli danno ragione. Ronaldinho è impresentabile a certi livelli ed è degnamente sostituito da Robinho e Seedorf (ovvero due fantasisti con rispettivamente più corsa e più intelligenza tattica). Pato gioca all'ala, esattamente come con Leonardo, ma non è centrale nello scacchiere rossonero. Il baby brasiliano dopo tre anni ha mostrato evidenti limiti caratteriali e non può essere un elemento centrale in un team vincente. La squadra poggia sulle spalle possenti di Ibra, il quale, a differenza degli altri due, ha dimostrato di appartenere ad un'altra categoria.

sabato 20 novembre 2010

Inter: crisi psicologica o atletica?

Tempo fa avevo letto una traduzione di un articolo di un quotidiano tedesco in cui gli operatori del private equity erano paragonati alle locuste. L'espressione era forte e provocatoria, però aveva la capacità di sintetizzare un concetto basilare. L'operatore di private equity rileva delle società, le riorganizza affinchè siano in grado di remunerare il capitale investito e alla fine le vende. Queste tre fasi vengono condotte in modo tale da massimizzare il valore dell'investimento. I detrattori del private equity sostengono che gli operatori spolpano le aziende del loro valore, e quando le vendono non cedono al nuovo acquirente una macchina riparata, ma una carcassa incapace di dare soddisfazioni. A dire il vero esistono degli studi che smentiscono questa interpretazione del fenomeno del private equity, però la figura dell'investitore che entra in una società ed estrae tutto il valore possibile, lasciando poi le ceneri, può essere efficace per descrivere l'Inter del 2010/11.

E' presto per parlare di crisi, la squadra ha tutto il tempo per risollevarsi e riconquistare la vetta del campionato, però lo stato di forma di alcuni giocatori suggerisce alcune considerazioni. La preparazione estiva forse non è stata ben pensata, e gli eccessivi carichi di lavoro hanno pesato più del dovuto su un gruppo di atleti logoro dopo una serie di stagioni sfibranti. Ma più che le gambe, la gravità dell'attuale involuzione dell'Inter deve essere valutata sulla base del nuovo atteggiamento dei nerazzurri. Spesso nervosi, meno propensi al sacrificio, rassegnati ancora prima del triplice fischio - derby -. L'Inter di quest'anno sembra una squadra completamente svuotata rispetto all'armata del triplete. La cura Mourinho ha regalato due scudetti e una fantastica Champions League (più una serie di trofei minori), però forse è lecito pensare che il portoghese ha raccolto il massimo spremendo una squadra che è andata oltre i suoi limiti. Non sono frasi fatte, del resto basta pensare alla tensione con cui Mourinho usava gestire i rapporti del club con stampa ed arbitri. Quel clima da "uno contro tutti", da perseguitati, alimentato da espressioni celeberrime - come il rumore dei nemici -, ha caricato a molla l'intero ambiente producendo risultati strabilianti nel breve periodo, ma non ha sicuramente aiutato l'Inter nel lungo periodo. Fermo restano che comunque Mourinho ha vinto tutto quello che c'era da vincere. E non è poco.