martedì 3 novembre 2009

Caso Marrazzo. Qualcuno ha mentito.

Gli sviluppi della vicenda Marrazzo sono descritti in un articolo del Corriere della Sera. La situazione pare piuttosto intricata perché tutte le parti in causa raccontano delle versioni discordanti. Marrazzo ha ammesso che parte dei soldi con cui pagava i trans erano destinati all'acquisto di droga. Verrebbe da dire che non c'è limite al peggio perché si può essere garantisti sulla vita sessuale, ma un eventuale uso di sostanze stupefacenti potrebbe mettere in discussione la lucidità che il Governatore aveva quando governava il Lazio.
Resta un mistero la storia del ricatto. Certi giornalisti (con editori ben informati e interessati) gettano acqua sul fuoco e danno, all'intera vicenda, la lettura più semplice. Lo stesso Marrazzo ha però confermato di non essere stato ricattato dai carabinieri. Se il Governatore dicesse la verità (cosa che spero per lui) allora l'intera vicenda sarebbe più complicata di quanto pare. In quel caso l'irruzione in via Gradoli dei quattro carabinieri diventerebbe una rapina che è servita per coprire la registrazione di un video utile per un ricatto successivo (o commissionato da qualche terzo interessato a demolire Marrazzo). Se invece il Governatore mente abbiamo un politico che ha esercitato le sue funzioni sotto un ricatto durato tre mesi. Questa ipotesi pare sempre la più logica, ma, al fine di condividere in toto questa strada, resta da chiarire perché Marrazzo non si sia attivato fin da subito per recuperare ed eliminare l'arma del ricatto.
Di certo non deve sfuggire la condizione abilitante che ha reso possibile tutto questo casino. I vizi privati, e imbarazzanti, dei politici possono determinare questa confusione e delegittimare le persone. Se Marrazzo avesse tenuto a bada certe sue passioni oggi non saremmo qui a parlare di questa vicenda perché non ci sarebbe stata nessuna ipotesi di ricatto, di consumo di droga o di frequentazioni transex (le ultimi due sono certe).
Resta uno strano scherzo del destino quello che in via Gradoli c'era il covo delle Br che rapirono e uccisero Aldo Moro. Qualcuno sostiene che addirittura lì vi fosse la prigione del leader democristiano. Dopo più di 30 anni lo stesso luogo torna nelle cronache, ma questa volta è la politica a perdere, per mano della sua sfacciataggine, un altro pezzo di dignità.

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