domenica 1 novembre 2009

Cambia l'allenatore, ma è la solita Juve

Una squadra lo deve pur vincere un campionato e non le si può fare una colpa se deve primeggiare in una competizione di basso livello. Molti sostengono che la decadenza del campionato italiano è coincisa con "calciopoli", da juventino dico che i mali del calcio nostrano sono arrivati con l'inizio del terzo Millennio. Fino agli anni 2000 c'erano le famigerate sette sorelle - Milan, Inter, Juventus, Roma, Lazio, Parma e Fiorentina - ovvero sette società con presidenti capaci di effettuare ingenti investimenti e di allestire delle squadre competitive in Italia e in Europa. Leggetevi la formazione del Parma di Ancelotti e Malesani, mettetela a confronto con quella delle squadre che oggi veleggiano attorno al secondo posto e tirate le vostre conclusioni. Di certo gli scandali finanziari che hanno coinvolto la Cirio e la Parmalat hanno determinato la caduta di Lazio e Parma. Il rigore di Lotito è un buon modello per costruire una squadra sostenibile, ma senze pretese di classifica; mentre in Emilia ci sono voluti molti anni (in cui la squadra è stata smantellata poco alla volta) prima che arrivasse un presidente capace di portare entusiasmo e giocatori validi. La Fiorentina è caduta in disgrazia con l'impero di Cecchi Gori, oggi è una buona squadra grazie alla passione dei Della Valle, ma lontana parente della Viola di fine anni '90, quella di Batigol e Rui Costa per intenderci. La Roma stessa, che ha rivaleggiato con l'Inter, è un buon team, anche lei economicamente sostenibile, ma non è paragonabile con lo squadrone costruito dai Sensi quando arrivò Capello. Nel complesso non è un impoverimento determinato da calciopoli, ma riflette le difficoltà incontrate negli anni da chi investiva nel calcio e quelle di un sistema che complessivamente è meno attraente rispetto a quello inglese e spagnolo.
Quest'anno l'anti Inter doveva essere la Juventus, ma anche lei è stata sopravvalutata per dare pathos ad una competizione già scritta. Tutte le variabili incerte stanno girando male per i bianconeri. L'inesperienza di Ferrara si sta rivelando un grosso limite. La squadra ha sempre dato l'impressione di essere schierata in modo da non essere sufficientemente protetta in difesa. Questa Juventus soffre troppo le ripartenze, e considerando che questo era un vizio della gestione Ranieri, viene da chiedersi se ci siano effettivamente stati i miglioramenti attesi. La sconfitta di ieri col Napoli ricorda quella dell'anno scorso con il Cagliari. L'aspetto grave è che in entrambe le circostanze la Juventus si è fatta rimontare (perdendo) in casa, subendo gol in contropiede quando era in una situazione di vantaggio. L'impostazione di Ferrara può andare bene per sbloccare le partite, ma è folle pensare di vincere le partite giocando 90 minuti con quello schema. Così come è discutibile la scelta di togliere il modesto Poulsen per tenere in campo Tiago. Non si discute il valore tecnico dei due giocatori (entrambi discreti operai), ma l'utilità, e alla Juventus che affrontava il Napoli serviva come il pane un mediano che tenesse la posizione.
Sulla graticola sono finiti pure gli acquisti onerosi: Diego e Felipe Melo. Entrambi sono stati pagati profumatamente. Forse non sono al massimo della forma, ma non si può dimenticare che le loro prestazioni dipendono dai compiti che gli sono affidati e da come si esprimono i compagni. Melo deve coprire una porzione di campo troppo ampia, mentre Diego è costretto a giocare troppo distante dall'area e diventa così inefficace. Le colpe non sono delle new entry, ma forse risiedono nella scelta di confermare un terzino destro che all'Inter finirebbe sempre in tribuna e di comprarne uno a sinistra che è troppo distratto in fase di copertura.

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