sabato 9 gennaio 2010

La penisola che non c'è

Augusto Minzolini è stato duramente (e giustamente) criticato per i suoi sermoni faziosi e superficiali, ma la cosa che dovrebbe stupire sono le rare critiche al prodotto / servizio di cui è responsabile. E' chiaro che costruire un telegiornale capace di accontentare tutte le sensibilità è un'impresa ardua, si tratta di condensare in trenta minuti un'enorme vastità di notizie e stati d'animo, ma quello che succede su Raiuno sfiora i limiti del ridicolo. Mentre il paese va a rotoli e si è stimato che circa 400.000 persone hanno perso il lavoro nel 2009, mi aspetterei che un telegiornale approfondisca questi temi, dando ampio risalto alle evidenti ed immaginabili conseguenze sociali. E non è un compito del servizio pubblico, ma un preciso dovere attribuibile a qualunque testata giornalistica che si propone di operare a livello nazionale.

Il minzolinismo si sta invece trasformando nella concezione di un tg radical chic, in cui la crisi poche volte è associata a facce e storie umane perché si preferisce raccontarla attraverso fredde tabelle dell'Istat, dell'OCSE, ecc. Come è noto, anche a chi non ha studiato la statistica, la crisi sta creando una situazione di disuguaglianza sociale e questa cosa l'aveva pure detta, seppur implicitamente, il Ministro Brunetta. In occasione di una delle sue rare interviste, l'ex socialista aveva manifestato un concetto lapalissiano, che però evidenzia bene l'impatto sociale di una crisi occupazionale. Brunetta aveva detto che, se escludiamo i 400.000 nuovi cassa integrati, gli altri cittadini hanno aumentato il loro potere d'acquisto. A rigor di logica quest'affermazione è vera ed è proprio attorno a questa constatazione che si gioca la partita della coesione.

Queste 400.000 persone, che hanno perso una fonte stabile di reddito, possono avere a carico altre persone, e soprattutto vanno ad aggiungersi all'insieme già folto dei poveri italiani. Nel 2008 l'Istat stimava che 2.737.000 famiglie italiane vivessero in una condizione di povertà, e quindi la fascia dei più deboli comprendeva il 13,6% della popolazione. Il tutto si inserisce in un contesto di grande equità, infatti l'operaio dichiara al fisco più dell'albergatore..

Tutto questo per dimostrare che la crisi sta minando la coesione sociale del paese e sta creando due (o più) Italie, accentuando quelle differenze storiche che venivano ritenute "normali". La crisi richiede un'immediata revisione di alcuni adeguamenti salariali perché, crescendo la variabilità, gli indicatori medi (come il paniere Istat) finiscono per immaginare un italiano medio che non esiste. E queste cose le ha dette pure il prof. Zamagni (Bocconi), che ha parlato di una società che si rappresenta con una clessidra.

In mezzo a questo scenario emerge la coerenza della descrizione del tg1. Mentre alla Omnia Network chiudono i dirigenti in azienda (visto che non pagano gli stipendi da qualche mese) e il mondo delle PMI rischia di uscire ridimensionato e con le ossa rotte, ecco che il fido Minzolini ci propone la sua visione del paese. Nel tg1 di giovedì 7 gennaio abbiamo visto: un servizio per raccontarci che se ti ammali durante le feste rischi per la tua salute perché gli ospedali non sono a pieno organico (il titolo era emblematico "Mai ammalarsi durante le feste"); un pezzo sul traumatico ritorno a scuola degli studenti, con interviste agli "eroi" e interrogazioni filmate per capire se gli studenti hanno fatto i compiti; il tormentone sulla dieta dopo le abbuffate natalizie; un altro super classico su come riciclare i regali indesiderati ed infine un pezzo d'antologia sui dilemmi degli sciatori (Cortina o Madonna di Campiglio?). 5 (cinque) servizi che hanno occupato un terzo del telegiornale. Evidentemente sono questi i problemi del paese..

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