Giorgio Napolitano ha tenuto il tradizionale discorso di fine anno. Dopo aver ascoltato le parole del Presidente della Repubblica molti esponenti di maggioranza e opposizione hanno manifestato entusiasmo. In quella parte del PdL che è più fedele a Berlusconi hanno fatto piacere gli apprezzamenti che Napolitano ha rivolto al Governo (gestione della crisi?, delle calamità naturali?), mentre quella parte di opposizione che esprime volontà "inciuciste" ha applaudito per le parole sull'unità nazionale.
Ma l'unità del paese non può essere solo un'espressione buonista, altrimenti unisce perché ciascuno si sente libero di interpretarla come meglio crede e diventa qualcosa di terribilmente vuoto. L'unità nazionale deve essere preceduta dalla condivisione di alcune regole necessarie per una democratica convivenza civile. L'appello di Napolitano mi è parso troppo astratto, al punto tale che tutti potevano immedesimarsi in quelle parole (e nessuno è così nel torto), il che stride con le dichiarazioni di mezzo Parlamento.
Al tempo stesso non ho per nulla condiviso le parole sulla crisi e sui giovani. I ricercatori italiani fuggono da questo paese perché nessun Governo ha il coraggio di investire nella cultura e nella ricerca scientifica. In tutte le classifiche OCSE siamo l'ultimo dei paesi occidentali per la spesa nella ricerca e mentre in Francia il Governo ha alzato gli investimenti, in Italia il Ministro dell'Istruzione si è resa disponibile a tagliare la cultura rafforzando in questo modo i baroni che invece (a parole) vorrebbe combattere. E' sempre bello sentire le solite ovvietà sui giovani e sull'intraprendenza positiva, ma sarebbe più utile vedere una società che, a partire dalla politica, cambia mentalità e inizia a dare fiducia investendo nei giovani meritevoli. Purtroppo è invece grazie a questa classe dirigente che il paese è immobile, il mondo dei media ha costruito dei modelli vincenti alternativi (in genere hanno il sedere in bella vista durante l'ora di cena) e chi opera nella cultura è ignorato dal resto della società. Del resto i super stipendi per calciatori e veline esistono anche negli altri paesi, ma vogliamo provare a paragonare lo stipendio reale di un ricercatore italiano con uno americano? E agli occhi della società quale è l'immagine che associamo a insegnanti, professori, ecc?
La sfiducia nasce spesso in chi ha poca forza di volontà e percepisce di vivere in una realtà tristemente cristallizzata, dove è impossibile modificare il proprio destino perché in Italia manca l'ascensore sociale. Svilendo il ruolo sociale di chi studia o "eroga" istruzione, non si fa altro che dare credito ad una società vuota, fondata sull'apparire e non in grado di riconoscere i meriti di chi contribuisce al suo reale progresso. Ed è proprio grazie a questo meccanismo che qualcuno prova a difendere quelle posizioni di rilievo che occupa, ma non merita.
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