mercoledì 20 gennaio 2010

Il processo breve passa al Senato, ma non risolverà i problemi strutturali

Mentre il PIL segna un ottimo -4,8% (siamo davanti a UK, evvai!), e per Bankitalia la disoccupazione è schizzata ben oltre il 7%, in Italia ci sono altre urgenze da affrontare, come ad esempio il problema della giustizia. In questi mesi abbiamo sempre sentito un'analisi raffinata, ma sostanzialmente di parte perché prendeva solo alcuni dati al fine di convergere l'intera opinione pubblica in una diagnosi condivisa. E' superfluo ricordare che i giornalisti del Giornale, di Libero, di Mediaset e i parlamentari pidiellini (e leghisti) si sono prodigati per convincere tutti che se la giustizia non funziona è colpa dei magistrati fannulloni. Per supportare questa semplificazione si è pure utilizzato l'escamotage manicheo, sempre utile per chi vuole raffigurare la realtà in modalità binaria per rincorrere un'apparente vittoria nei dibattiti da talk show.

Comunque lo sforzo dei soliti noti pare aver convinto buona parte degli italiani, e oggi il Senato ha approvato il disegno del processo breve. Senza entrare nel merito agli aspetti tecnici vorrei però introdurre due argomenti. Il primo è qualche spunto d'analisi del problema. Se la fase di esplorazione della realtà viene condotta in modo superficiale al fine di inseguire una tesi precostituita, sarà poi difficile risolvere alla radice il problema. Il secondo aspetto, che tra l'altro spiego subito, riguarda i mille modi con cui possiamo giustificare un'azione. Anche ieri l'onnipresente Sallusti ha usato il tormentone de "il ddl Finocchiaro era uguale, quindi il PD dovrebbe essere d'accordo col PdL". Ma se il ddl Finocchiaro è rimasto sulla carta vorrà pur dire qualcosa, e comunque una stupidata è tale anche se la fanno in tanti.

L'aspetto su cui più mi dilungo è sull'analisi del fenomeno giustizia. Anche ieri Sallusti ha tuonato dicendo che in Italia si spende più che all'estero, e sia la spesa assoluta che quella pro-capite sono superiori a quelle degli altri paesi europei. Ma prima di prendere i numeri per dare un tono di verità alle parole sarebbe buona cosa valutare la precisione dei dati e il loro legame con il problema (che è quello dei tempi medi del processo). Un confronto tra Italia, Francia, Germania, UK, ecc, può essere fatto se il contesto giuridico è simile e ciò è determinato dall'insieme di leggi in vigore che influenzano il numero di reati contestati e i tempi tecnici dei processi. Se il contesto differisce, l'analisi cruda dei dati assoluti non solo è poco precisa, ma può essere addirittura fuorviante.

A tal proposito vorrei fare un esempio per capire quanto il contesto influenza la lettura dei dati. Facciamo finta di essere una società che produce lettini abbronzati. L'UE (o giù di lì) ha consigliato di non dotarli di una potenza superiore a 0,3 W/m^2, ma spetta poi ai paesi decidere cosa fare del consiglio. Poniamo che Sarko trasforma il consiglio in divieto, mentre Silviò non mette alcun divieto. La nostra azienda produce lettini con una potenza di 0,5 e a fine anno scopriamo, dopo aver fatto un lungo viaggio ai Caraibi, che il responsabile francese ha venduto 0 lettini, mentre l'italiano ne ha venduti mille. Che si fa? Se mutuiamo la logica dell'indicatore assoluto verrebbe da dire che abbiamo un genio (in Italia), e un cretino (in Francia), ma forse è più cretino chi produce prodotti invendibili per il mercato francese. Insomma, il contesto non è un di più, ma la base del ragionamento.

Facciamo finta che tra Italia, Francia, Germania, Uk non ci siano differenze e possiamo confrontare i dati senza farci troppe remore (in realtà il nostro sistema è strutturalmente predisposto per essere il più lento). Un articolo de "La Stampa" comparava i diversi paesi, e i risultati sono strabilianti. L'indicatore assoluto non spiega la velocità, e lo stesso vale per l'indicatore relativo (se al denominatore ci infilo il numero di abitanti). Se la tesi da dimostrare è che i magistrati sono fannulloni, allora ha più senso considerare quante risorse economiche spendo per processo. E' lì che posso avere un'analisi oggettiva perché un servente (dall'accettazione negli ospedali, al magistrato) lavora sul singolo processo / richiesta e in questo modo posso capire quante risorse sono destinate al singolo processo.

Il rapporto Cepej indicava che la spesa del sistema giudiziario, al netto del patrocinio legale gratuito, era di: 4 mld di euro in Italia, 8,2 mld la Germania, 3,32 mld UK, 2,8 mld la Spagna e 3 mld la Francia. Questa spesa annuale andrebbe poi a soddisfare la coda di processi da smaltire e le nuove cause, poniamo che sia spalmate sulle cause in corso. Incrociando numero di processi e budget annuale si può determinare lo stanziamento medio per processo. In Italia erano pendenti 9 mln di processi. I processi civili nelle corti di prima istanza erano 3,68 mln, contro i 1,16 mln della Francia, 554k Germania, 781k Spagna. Se andiamo nelle cause penali di primo grado l'Italia è capofila con 1,2 mln di processi, mentre Germania, Francia e UK assieme fanno circa 500k.

Insomma, la spesa complessiva è alta, ma lo stanziamento annuo per processo è molto basso (siamo in un ordine di grandezza inferiore!) e quindi bisognerebbe valutare se è solo questioni di soldi o se non sarebbero invece necessarie delle leggi che velocizzano i processi senza per questo ammazzarli. La ratio del processo breve (tralasciando lo schermo di facciata) è un po' quella di far finta di non sapere, mentre qui servirebbe la voglia di copiare dai paesi stranieri quegli automatismi che rendono più veloce il dibattito, eliminando, ad esempio, il concetto della prescrizione del processo perché determina una divergenza di obiettivi tra le parti in causa, con un'accusa che vuole andare in fondo e una difesa che vuole tirarla per le lunghe. E' questo il vero dramma dell'Italia perché crea una situazione in cui le finalità di magistrati e avvocati non coincidono, e ciò non si concilia con l'obiettivo sbandierato di ridurre i tempi.

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