domenica 2 settembre 2012

Un triplo Pazzo non fa primavera

Le prime due giornate di campionato hanno offerto un Milan a due facce. I tifosi, se confrontano la pessima prestazione offerta contro la Sampdoria (sconfitta 1 a 0) con la buona partita disputata a Bologna (vittoria 3 a 1), rischiano di passare dalla disperazione all'euforia. Una settimana fa l'esordio casalingo del club più titolato al mondo (espressione tanto cara alla dirigenza) è stato deprimente sia per la sconfitta maturata contro un avversario non irresestibile che per le lacune nel gioco dei rossoneri. La manovra era lenta e quindi prevedibile, l'atteggiamento della squadra era dimesso e alcuni presunti titolari hanno fatto rimpiangere gli illustri predecessori. Senza voler individuare un solo responsabile penso per esempio alle difficoltà e agli errori marchiani che ha commesso Bonera ogni volta che veniva pressato da Eder, ossia un giocatore che con ogni probabilità non avrebbe minimamente infastidito Nesta e Thiago Silva.

Con il Bologna c'è stato un evidente passo in avanti a livello di voglia e concentrazione. La formazione iniziale è cambiata per tre undicesimi: Yepes, Flamini e Robinho, sono stati sostituiti da Acerbi (ottimo esordio), Ambrosini e Pazzini. Grazie alla presenza di una prima punta di ruolo, la squadra è parsa più ordinata e meno confusa, mentre nella prima giornata il tridente iniziale non prevedeva alcun centravanti classico e questo ha disorientato il centrocampo. Non bisogna poi dimenticare come il calcio sia legato agli episodi e se contro i blucerchiati i rossoneri avrebbero potuto ottenere un meritato pareggio se solo uno dei due pali si fosse tramutato in gol, al tempo stesso contro il Bologna i gol che hanno portato in vantaggio il Milan sono stati per certi versi casuali. Il rigore è molto dubbio, mentre il raddoppio di Pazzini è un gentile regalo di Agliardi. La terza realizzazione dell'ex nerazzurro è un colpo di puro istinto. Nel complesso la prestazione del Milan è stata più che positiva anche se il Bologna, a differenza della Sampdoria, non ha fatto le barricate e quindi resta da testare la capacità dei rossoneri contro gli amanti del catenaccio. Cosa non da poco perché le squadre italiane che lottano per non retrocedere applicano un calcio simile a quella mostrato dai blucerchiati a San Siro.

Insomma tra qualche partita potremo comprendere la reale dimensione dei rossoneri. Il rischio è quello di ripercorrere una stagione simile alla Juventus di Del Neri in cui ottime prestazioni si alternano a periodi pausa. E la cosa mi sembra probabile considerando anche il curriculum di alcuni giocatori chiave dello scacchiere milanista, Pazzini in primis.

sabato 1 settembre 2012

Le nozze coi fichi secchi della Serie A italiana

Il mercato appena concluso certifica l'involuzione del calcio italiano. Gli anni scorsi era già suonato più di un campanello d'allarme. Basta pensare al crollo dell'Italia nel ranking Uefa, con conseguente riduzione del numero di club italiani ammessi alla Champions League, e valutare senza paraocchi il saldo tecnico delle sessioni di mercato (ove per saldo tecnico si intende la differenza tra chi arriva in Serie A e chi l'abbandona). Ma nonostante questi fatti oggettivi, c'è stata anche la volontà di difendere il valore attribuito al prodotto da vendere. Di conseguenza le valutazioni critiche sullo stato di salute dei club italiani sono sempre passate in secondo piano, e per ogni fatto c'era una scusa buona per non ammettere il ridimensionamento in corso. Se il Ranking Uefa scendeva solo una minoranza osava constatare che il livello medio della Serie A era in calo, mentre la maggioranza preferiva la forma alla sostanza, criticando i meccanismi di calcolo del ranking, in particolare rilevando che i club italiani snobbavano la Coppa Uefa proprio perché preferivano concentrare le loro risorse sul duro campionato. Tipico atteggiamento da fiaba di Esopo ("la volpe e l'uva" per chi non l'avesse capito). Per non parlare del saldo tecnico dove la capacità di fuoco dei nuovi paperoni (sceicchi, russi) diventava una scusa etica per giustificare le cessioni illustri. Come se invece c'era un'etica quando i soldi giravano in Italia e i Berlusconi, gli Agnelli ed i Moratti (senza contare quelli che per stare al loro passo hanno poi perso la proprietà dei rispettivi club), spadroneggiavano in tutta Europa applicando la stessa scellerata politica dei nuovi ricchi, ossia ingaggi raddoppiati e cartellini strapagati.

In tutto questo ci possiamo anche consolare con i tre pareggi in tre giornate del PSG. Possiamo pensare che tutto sommato Ibrahimovic, Thiago Silva, Thiago Motta, Verratti, Pastore, Menez, Lavezzi, Maxwell e Sirigu, non siano una perdita incolmabile. Ma i primi problemi sorgono constatando che non sono arrivati dall'estero giocatori di grido. Emblematico il caso della Juventus, vale a dire i campioni in carica, negli ultimi ha dovuto sempre ripiegare su scarti della Premier e della Liga. Anni fa trattò Xabi Alonso e si ritrovò con Poulsen, oggi invece si è partiti da Van Persie e ci si ritrova Bendtner. Sia chiaro, probabilmente il centravanti danese farà bene perché è un buon giocatore, ma non ha l'identikit del nome di grido che parte della tifoseria attendeva. E non ne faccio una colpa a Marotta ed Agnelli, semplicemente penso sia doveroso constatare che alcuni giocatori non sono alla portata dei club italiani. Se Galliani può affermare, senza poter essere smentito, che De Jong "fra tutti i giocatori arrivati dall'estero, in questo momento è quello con il nome più pesante", c'è qualcosa che non va. Siamo alle nozze coi fichi secchi (cit).

sabato 25 agosto 2012

La continuità è l'arma in più del Napoli

Il Napoli sarà una delle rivali più agguerrite per coloro che vorranno ambire allo scudetto. La formazione partenopea ha perso uno dei pezzi più pregiati (Lavezzi, ceduto al Paris Saint Germain), ma il mercato, nonostante la cessione del Pocho, resta più che soddisfacente. Il Napoli avrà pur il difetto di avere un Presidente ed un allenatore permalosi come pochi, ma ha anche degli evidenti pregi e a non riconoscerli si commette un torto. De Laurentiis occupa le prime pagine per certe esternazioni discutibili e per gli show eccessivi che ogni anno offre durante il sorteggio dei calendari, ma resta uno dei pochi presidenti con le idee chiare. Non è un mangia allenatori e sta garantendo una continuità tecnica ammirevole, soprattutto se paragonata con quanto fanno altri presidenti italiani che ogni anno rivoltano la squadra come un calzino.

Come già detto il mercato del Napoli è stato buono. La cessione di Lavezzi ha una forte valenza simbolica perché il Pocho aveva un legame unico con la piazza. Ma l'argentino non è stato svenduto e i 30mln pagati dagli sceicchi sono un giusto prezzo. L'altra partenza illustre riguarda Gargano, anche se qui non parliamo di un giocatore genio e sregolatezza, ma di un atleta tenace e regolare, quindi per certi versi più facile da sostituire. Sul fronte dei nuovi arrivi la tifoseria si aspetta molto da Insigne, grandissimo talento che ha fatto faville con Zeman nelle ultime due stagioni. Il fantasista dell'under 21 forse non sarà titolare inamovibile poiché è stato riscattato Pandev dall'Inter e dal Brescia è arrivato El Kaddouri, ma di certo tra Europa League e Campionato avrà un ruolo da protagonista. In mezzo al campo Gargano sarà sostituito da Behrami, senza dimenticare Donadel che l'anno scorso non ha mai giocato per infortunio, mentre oggi pare arruolabile per la causa. Infine in difesa, vero tallone d'achille della squadra, Gamberini dovrebbe garantire maggiore affidabilità rispetto a Fernandez e Fideleff.

Complessivamente il mercato lascia l'immagine di una squadra solida e di una dirigenza / guida tecnica con le idee chiare. Per dare serenità all'ambiente sarà necessario evitare certi vittimismi che potrebbero rivelarsi un boomerang fornendo un'attenuante ai giocatori. Per il futuro invece la speranza è quella che Cavani non ripeta quanto fatto da Lavezzi: il calcio non è solo una questione di soldi.

venerdì 24 agosto 2012

Zemanlandia a Roma

Dopo il naufragio del progetto di Luis Enrique la Roma ha deciso di affidarsi a Zeman. L'allenatore boemo è reduce da un'annata fantastica a Pescara, dove ha lanciato una serie di giovani destinati a scrivere pagine importanti nel calcio italiano (Capuano, Verratti, Insigne e Immobile, su tutti) e ha zittito chi gli aveva appiccicato l'etichetta del perdente di successo. Zeman è il vero valore aggiunto per la nuova Roma, sia per l'entusiasmo manifestato sin dai subito dalla tifoseria che per la sua capacità di insegnare calcio e trarre il meglio dai ragazzi. Oltre al fumo l'unico vizio che il boemo deve controllare è quello di non eccedere con le punzecchiature verso la mai amata dirigenza bianconera. Non voglio fare un riassunto di una quindicina d'anni di polemiche, ma chi vuole andarsele a rivedere potrà constatare come alcune siano sacrosante, mentre altre appaiono pretestuose e buone per sviare l'attenzione da altri problemi.

La sessione di calciomercato ci consegna una Roma molto più competitiva. I giocatori che nell'ultima stagione non hanno convinto sono stati ceduti (Cassetti, Cicinho, Gago, Heinze, Josè Angel, Juan, Pizarro, Simplicio) e l'unica cessione per certi versi incomprensibile è quella di Borini. Per certi versi in casa giallorossa è stata fatta pulizia e i giocatori non in linea col nuovo progetto tattico sono stati accompagnati alla porta. Tra i nuovi arrivi in difesa troviamo una certezza (Balzaretti) e alcune scommesse (Piris, Castan, Marquinos), a centrocampo Bradley sarà titolare e nella linea mediana troverà De Rossi e Pjanic. Ma il colpo da 90 riguarda l'attacco dove Destro sembra pronto per esplodere definitivamente dopo l'ottima stagione di Siena. Da lui ci si attendono almeno 15 reti. 

A leggere gli 11 titolari la Roma sembra essere un passo avanti alle milanesi, ma dietro alla Juventus. A differenza dei bianconeri avrà il vantaggio di non disputare alcuna competizione europea, ma la difesa dei giallorossi non sembra insuperabile. L'arma in più potrà essere Lamela, giocatore dotato di una tecnica sopraffina, ma spesso discontinuo ed estraniato dal gioco. Da Totti si attende invece una dimostrazione di professionalità: gli schemi di Zeman potrebbero penalizzarlo, ma comunque troverà spazio.

giovedì 23 agosto 2012

Per l'Inter l'obiettivo è il terzo posto

L'anno del Triplete sembra lontano anni luce e l'Inter sta vivendo una situazione che per certi versi è paragonabile con quanto sta accadendo a Milanello. Nelle scorse due stagioni le sessioni di mercato furono segnate dalle cessioni di Eto'o e Balotelli, ossia due operazioni che hanno indebolito la rosa, ma hanno permesso alla società di ridurre il monte stipendi e di generare qualche plusvalenza. Tutti "successi" che al tifoso medio poco interessano, semmai questo ricorda bene quanto siano stati inadeguati gli aspiranti sostituiti del camurenense e dell'italiano. E' significativo constatare che nella sessione di mercato in corso sono stati ceduti sia Pazzini che Castaignos, Forlan ha rescisso il contratto, mentre Zarate è stato rispedito al mittente.

Come già detto le intenzioni dei nerazzurri sono paragonibili a quelle del Milan. L'idea era quella di ringiovanire la rosa abbattendo il monte ingaggi. In porta è arrivato Handanovic che dovrebbe sostituire Julio Cesar anche se la dirigenza non riesce a concludere una delle trattative in corso per la cessione del brasiliano. In difesa gli innesti sono l'arrivo in prestito di Silvestre e il ritorno di Jonathan, mentre sono partiti alcune colonne della vecchia guardia (Lucio e Cordoba) e pare essere fallito il passaggio di Maicon al Real. A centrocampo gli arrivi di Mudingayi e Gargano, rimpiazzano le partenze di Palombo e Poli. Anche qui Stankovic era dato in esubero, ma si fatica a trovare acquirenti. In attacco invece la situazione è più complicata perché con la partenza di Pazzini l'Inter si ritrova con una sola prima punta (Milito), e l'arrivo di Cassano si aggiunge alle altre seconde punte / trequartisti già in rosa, vale a dire Alvarez, Coutinho, Palacio e Snejider. Forse ci sarà un ritocco in avanti o il giovane Longo avrà un ruolo da protagonista per certi versi inatteso.

Il vero dubbio riguarda la guida tecnica. Stramaccioni ha avuto un ottimo impatto sulla squadra e ha raccolto risultati inattesi. Al momento è una scommessa vinta. Ma oltre ai legittimi dubbi sull'inesperienza dell'allenatore, bisogna capire se la proprietà è convinta e sosterrà il mister anche nei momenti di difficoltà. Il precedente delle ultime stagioni post Mourinho, con la scelta di alcuni allenatori già sfiduciati in partenza (Benitez, Gasperini e Ranieri) brucia ancora.

mercoledì 22 agosto 2012

Milan di transizione, ma non parte spacciato

La stagione del Milan si annuncia difficile. La famiglia Berlusconi non è immune alla crisi economica che attanaglia l'Italia (e in più ha anche il Lodo Mondadori con il risarcimento di circa 500mln a favore di De Benedetti) e non vuole ripetere quanto fatto negli anni scorsi quando immetteva liquidità nelle casse societarie per pareggiare le perdite. La dirigenza ha assecondato la volontà della proprietà e sta costruendo una squadra economicamente sostenibile, in cui il monte ingaggi risulta sensibilmente ridotto. Ibrahimovic e Thiago Silva sono stati ceduti per complessivi 65mln, mentre buona parte della vecchia guardia si è svincolata o non ha rinnovato i contratti in scadenza. Le partenze di Gattuso, Inzaghi, Nesta, Seedorf, Van Bommel e Zambrotta, ben fotografano l'inversione di tendenza di casa Milanello.

Da un punto di vista tecnico il Milan esce indebolito da questo mercato. Nel giro di due anni (vedi passaggio di Pirlo alla Juventus) è stata smantellata l'ipotetica spina dorsale della squadra e la mancanza di alcuni uomini di esperienza potrebbe avere ripercussioni sulla stabilità dello spogliatoio rossonero. Sia chiaro, in passato il Milan era stato ampiamente criticato poiché aveva una squadra "vecchia", ma, il passaggio dalla vecchia politica societaria alla nuova, è stato talmente rapido da poter determinare una crisi d'identità. In aggiunta a queste partenze bisogna anche registrare lo scambio Cassano - Pazzini con l'Inter, anche se qui le volontà dei giocatori sembrano prevalere.

Sul fronte degli arrivi si è puntato su Acerbi e Zapata per la difesa, sono arrivati tre centrocampisti (Montolivo, Traorè e Constant) e una punta (Pazzini). Tra tutti questi nomi Montolivo rappresenta l'affare del mercato poiché è un titolare della nazionale ed è arrivato a parametro zero. Gli altri proveranno a non far rimpiangere gli illustri predecessori.

Per Allegri si preannuncia una stagione difficile in cui molti commentatori sottolineano come si dovrà vedere la sua mano (mentre alcune partite delle ultime due stagioni davano l'idea che Ibrahimovic colmasse alcune lacune nel gioco dei rossoneri). Ma va anche detto che in questa situazione il tecnico toscano si ritrova in una posizione di forza perché un eventuale insuccesso deriverebbe dalle scelte di mercato. Da un punto di vista tecnico la speranza è che, senza gli uomini che tenevano in piedi la difesa (Nesta, Thiago Silva) e risolvevano le partite con gol e assist, tutti i componenti della rosa riescano a migliorarsi per fare un miracolo sportivo. Ci si attende un salto di qualità da Boateng, Robinho e soprattutto da Pato, quest'ultimo deve decidere cosa fare da grande, ma il collettivo può funzionare se la squadra viene messa nelle condizioni di avere fiducia nei propri mezzi e se molti "comprimari" riescono a migliorare la loro resa.

martedì 21 agosto 2012

La Juventus cerca il bis. In Europa poche illusioni.

Nel prossimo weekend ricomincerà il campionato italiano e la Juventus partirà coi favori del pronostico. I tifosi stanno attendendo il famoso top player per l'attacco, ma con o senza un nuovo attaccante (Llorente o Dzeko), la sessione estiva del mercato bianconero resta più che soddisfacente. I campioni d'Italia iniziano la nuova stagione con una serie di innesti interessanti per il presente (Asamoah, Isla, Lucio, Giovinco), ma con un occhio rivolto anche il futuro (Leali, Masi, Pogba, Boakye). Sia chiaro, non parliamo di campioni trascendentali, nella speranze della dirigenza bianconera e dei tifosi realisti, si tratterà di giocatori che permetteranno di ampliare la competitività della rosa. In questo modo si potrà programmare un turnover per gestire il doppio impegno in Campionato e Champions League.

Gli acquisti più importanti sono quelli di Asamoah e Isla perché dovrebbero garantire un ricambio a centrocampo a Vidal e Marchisio. Già l'anno scorso i due centrocampisti juventini ebbero un vistoso calo verso metà stagione. La coppia dell'Udinese arriva in comproprietà e ha già dimostrato di poter fare la differenza in Italia, mentre in Europa la musica cambia e li complessivamente non credo che, a meno di miracoli, i bianconeri siano tra le quattro migliori squadre. Dietro l'acquisto di Lucio è stato suggerito dalle condizioni economiche favorevoli (arriva come parametro zero) e dalla possibile squalifica di Bonucci. Giovinco invece sostituisce nella rosa Del Piero, anche se disporrà di più minuti rispetto all'ex capitano. A livello complessivo il terzo mercato di Marotta sembra essere in linea con quelli passati: non ci si concentra su una coppia di giocatori di alto livello, ma si preferisce aggiungere alla rosa una decina di nuovi acquisiti, sperando che almeno la metà si mostrino all'altezza delle aspettative. Ovviamente quest'anno, dato che la squadra ha un'ossatura solida, sarà più facile per i nuovi fare bene. Sul fronte delle cessioni, oltre agli svincolati Del Piero e Grosso, sono partiti Felipe Melo, Elia e Krasic, vale a dire tre errori vistosi del mercato delle ultime tre stagioni.

Le incognite riguardano gli effetti che il processo calcioscommesse avrà sui tesserati. Carrera, che ha sostituito Conte in Supercoppa e nelle amichevoli, non è una persona estranea all'ambiente, però l'eventuale assenza dell'allenatore pugliese potrebbe avere ripercussioni sui giocatori. Un altro tema sottovalutato è di carattere psicologico: l'anno scorso il club ha perso una sola partita (l'ultima, la finale di Coppa Italia col Napoli) e se quest'anno dovesse incontrare delle difficoltà incappando in una striscia negativa potrebbero incrinarsi alcune certezze. Infine scopriremo se l'allenatore e il suo staff riusciranno a gestire il doppio impegno senza spremere i migliori elementi.

lunedì 20 agosto 2012

Un paese per giovani

Proviamo a mettere in fila un po' di elementi su giovani e mercato del lavoro.

Il 31 luglio è uscito sul Corriere della Sera un articolo in cui Corinna De Cesare riportava l'attenzione su un provvedimento del Governo Monti che avrebbe dovuto agevolare l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Il principio della norma voluta dai tecnici era e resta condivisibile: i giovani devono avere la possibilità di entrare nel mercato del lavoro con dei contratti a tempo indeterminato. La situazione attuale è ben diversa e non sto a dilungarmi perché tutti sappiamo come invece le aziende preferiscano tenere i giovani in un'anticamera che dura anni e permette loro di avere una forza lavoro fresca e sottopagata. Senza dimenticare il dato raccapricciante sulla disoccupazione giovanile, ormai stabilmente sopra il 30%.

Il fatto che gli incentivi abbiano prodotto appena 11mila e 442 assunzioni può essere letto in diversi modi. Non vi è dubbio che la crisi attenui gli effetti di queste norme, ma appare evidente come vi siano anche dei grossi limiti culturali. Le aziende, soprattutto le multinazionali, continuano a proporre buonuscite ai lavoratori vicini alla pensione. Il caso degli esodati brucia e non deve essere piacevole per coloro che hanno subito un cambio in corsa delle regole. Però all'interno delle aziende e delle forze sindacali non ha ancora fatto breccia l'idea che un sistema equo debba garantire pari opportunità tra le diverse generazioni. Se le aziende fissano budget consistenti per politiche di riduzione della forza lavoro, è difficile chiedere alle stesse di trovare risorse per assumere giovani. Le forze sindacali dovrebbero preoccuparsi di questo, ragionando in un'ottica di lungo periodo e salvaguardando l'occupazione (in qualità e quantità), mentre mi sembra che anche lì vi sia uno sbilanciamento sul breve.

Si stava meglio quando si stava con Berlusconi


Gli irriducibili sostenitori del Governo Berlusconi non aspettavano altro. Era da tempo che sognavano una rivalsa, e già assaporavano la gioia che avrebbero provato nel gridare al mondo intero che i professori sono della stessa pasta dei loro illustri predecessori e che non vi è alcuna differenza tra gli ultimi due governi. Il menopeggismo fatto azione di propaganda. Un classico per l'Italia (e il PD non è immune alla sindrome).

Il confronto tra la prima pagina de "Il Sole 24 Ore" del 10 novembre 2011 e la replica de "Il Giornale" di un mese fa (24 luglio), ben evidenzia questo stato d'animo. Sallusti pensa di ribattere con la stessa moneta che usavano i criticoni di Confindustria, ma a ben pensarci, a distanza di un mese da quel titolo (oggi lo spread è a 415 punti), non so quanto possa gioire. I berlusconiani si sono sempre preoccupati di una sola cosa: dimostrare che il loro capo non è responsabile del disastro italiano. Di conseguenza ciò che conta non è spiegare gli indicatori economici, ma piegarli alle esigenze di turno al fine di raggiungere lo scopo. Quindi è nell'interesse del PdL fare propaganda speculando su un eventuale insuccesso del Governo Monti. Per raggiungere il fine gli indicatori consolidati nel lungo periodo (vedi il rapporto debito su PIL) sono confusi con altri di brevissimo (vedi l'andamento giornaliero della Borsa di Milano), in un caos ordinato cui è difficile replicare, proprio perché gli elementi logici sono ignorati. Cosa dire del mitico "tormentone spread" di Brunetta? Era una scemenza statistica che ha avuto un discreto seguito, ma contribuiva a creare un senso di sfiducia verso l'azione del Governo Monti.


Il paradosso in cui viviamo nasce da quest'ambiguità, da un lato il PdL sostiene il Governo Monti ed è decisivo per la tenuta dell'esecutivo, ma poi pensa di fare campagna elettorale pescando tra chi invece non appoggia il Governo. Secondo voi gli investitori posso fidarsi di un paese in cui il partito di maggioranza relativa agisce in questo modo?

domenica 19 agosto 2012

Mazzarri e gli incontri di Ferragosto

La reazione composta che De Laurentiis e Mazzarri hanno avuto dopo la sconfitta in Supercoppa Italiana fotografa alcune miopie del calcio italiano. Invece che parlare di tattica (vedi l'atteggiamento troppo rinunciatario dei partenopei) e discutibili scelte tecniche (vedi le sostituzioni di Hamsik e l'ingresso di Fernandez), ci si concentra in una critica inaccettabile contro gli arbitri.

Delle parole di Mazzarri condivido soltanto un pensiero, ossia quando dice che "Ho sentito dire che non abbiamo spirito olimpico. Ma da che pulpito arriva la predica. Non accetto lezioni da chi dice di aver vinto 30 scudetti mentre le regole gliene assegnano 28." Per il resto stendiamo un velo pietoso. Di certo non partecipare ad una premiazione non mi sembra una grande dimostrazione di sportività. A memoria ricordo che nel 1972 - Olimpiadi di Monaco - gli americani disertarono la cerimonia dopo la finale di basket persa coi sovietici. Ma lì c'erano oggettivamente altre motivazioni di fondo e quella finale, con i tre secondi rigiocati più volte fino al canestro della vittoria di Belov, è stata discussa per molto tempo. Nella finale di Supercoppa non c'è niente di simile. Il Napoli è stato vittima di un nervosismo che ha accompagnato la squadra per tutti i 120 minuti. Le immagini chiave per descrivere la perfomance dei partenopei sono le azioni dei gol di Cavani e Pandev, e i falli di Cavani in ripiegamento su Giovinco e Pirlo. Ben evidenziano quale sia stato l'atteggiamento della squadra: tutti chiusi per non far giocare l'avversario sperando in un errore. Se questo è spettacolo...

Ma Mazzarri nella sua conferenza stampa ha lasciato alcune perle d'ilarità tra cui la storiella dei tifosi juventini che si sarebbero scusati per lo "scippo". E' un pezzo esilarante che merita di essere copiato: "Pensate che a Ferragosto ho incontrato degli juventini che mi hanno chiesto scusa e mi hanno detto: 'Mister non ci e' piaciuto vincerla così la Coppà. Questo mi ha dato più forza per lottare affinché non si verifichino più queste cose". Vai Walter! Lotta per la libertà e la giustizia!

P.S. effettivamente a Ferragosto faceva caldo

sabato 18 agosto 2012

Il caso Schwazer e lo sport in Italia


La positività di Alex Schwazer ha oscurato i successi ottenuti dagli atleti italiani. Il vizio (se così possiamo chiamarlo) di privilegiare le cose negative trova una giustificazione nel fatto che l’atletica sia la disciplina principe nel programma olimpico e nell’atleta altoatesino, già olimpionico a Pechino ’08, erano riposte le uniche speranze da medaglia per l’Italia.

Sul fatto che Schwazer abbia fatto un errore madornale non ci sono dubbi. Per evitare di rivedere un film che in Italia va in onda ciclicamente (e da tifoso ne so qualcosa dal 1999) sarei veramente felice se l’italiano medio iniziasse a smuoversi da alcuni luoghi comuni. Innanzitutto tralasciando le considerazioni guidate dall’invidia e dal vero sport nazionale che consiste nel gioire per le disgrazie del primo della classe. Ovviamente mi riferisco alla gioia espressa attraverso gli insulti, tipico infantilismo che suscita conati di vomito quando è messo in pratica da quelli che erano i fanboy più scatenati nei momenti del trionfo. Infine sarei ancora più contento se iniziassimo ad avere un atteggiamento maturo nei confronti dello sport e degli atleti. Lo sport è una bellissima allegoria ed è una palestra di vita, ma da solo non può bastare per costruire una persona. Spesso pensiamo che l’atleta sia un esempio anche al di fuori dell’ambito in cui eccelle. Errore grave, da matita rossa. Proiettiamo sull’atleta delle qualità che non ha mai dimostrato, e poi ci sentiamo traditi quando l’idolo si mostra umano e scopriamo che sbaglia. Non è che forse alcune nostre deduzioni sono un tantino esagerate?

L'autogol di Rondolino

Sul sito di Rondolino si può leggere un articolo irritante come pochi contro il direttore de “La Stampa” Mario Calabresi (http://www.thefrontpage.it/2012/08/06/lorfanello/).

Rondolino (ex Unità, Stampa, Giornale, ex consulente di D’Alema e del Grande Fratello, insomma uno tutto d’un pezzo) ha iniziato questa polemica su Twitter. Qui è stato sfortunato perché il limite sul numero di battute per tweet non gli ha consentito di esprimere fino a fondo il suo profondo pensiero. Una parte dei tweet sono su Dagospia.

Oltre alle divergenti opinioni sulla figura del Commissario Calabresi, la polemica mi ha colpito perché: 1) siamo in piena overdose da Twitter, tutti si sentono autorizzati ad ironizzare su tutto, ma poi basta una replica altrettanto ironica per fare emergere la permalosità di fondo. I social network alimentano a dismisura l’ego e molti finiscono sopraffatti dallo strumento. 2) Rondolino ironizza su un fatto grave che ha sconvolto la vita di Mario Calabresi. Dare dell’orfanello ad un uomo che non ha mai visto il padre (quando morì Luigi Calabresi, Mario aveva solo due anni) è una caduta di stile che non può essere giustificata da eventuali “risarcimenti” (leggasi carriera agevolata) di cui Mario avrebbe beneficiato. In questo modo Rondolino fa un autogol clamoroso perché parte da un legittimo risentimento professionale dettato dal fatto che Calabresi ha deciso di interrompere la sua collaborazione con “La Stampa”, e per fare il “simpaticone” mette sul tavolo degli elementi che sviano l’attenzione del lettore e si ripercuotono contro di lui. Se la sua critica fosse rimasta nel merito del problema, quindi parlando delle capacità professionali di Mario Calabresi, forse avrebbe avuto meno eco, ma sarebbe stata più ficcante, invece in questo modo si realizza il contrario, perché Rondolino fa la figura del bambino che sbrocca quando vede colui che gli vieta di entrare al campetto per giocare a pallone con gli altri.

venerdì 17 agosto 2012

Le polemiche di De Laurentiis

Quando uno ha il cinema nel sangue diventa difficile distinguere il confine tra la realtà e la recitazione. De Laurentiis è due anni di fila che inscena proteste incomprensibili per gridare al mondo eventuali danni subiti dal Napoli durante la compilazione dei calendari. Oltre all'irrinunciabile componente comica che abbiamo quando una persona se la prende con un computer, bisogna anche aggiungere l'irrazionalità della lamentela. Quest'anno per esempio lo "scandalo" è dato dal fatto che all'ultima il Napoli incontra la Roma, mentre le squadre del Nord (alias i complottisti) avranno incontri più semplici. Ma se non incontrano la Roma all'ultima evidentemente la incontreranno prima, anche perché se la Roma dovesse ripetere i disastri dell'ultimo campionato sarebbe più conveniente trovarla in fondo.

Ma la polemica da paese non è nulla rispetto alle scintille post finale di Supercoppa Italiana. Il trofeo non ha grande prestigio e fa bene la dirigenza che guida il calcio italiano quando usa quest'inutile competizione per esportare il calcio italiano. A patto però di non fare figuracce come una settimana fa. Il Napoli ha praticato un autentico catenaccio, con Cavani e Pandev che a turno tornavano in area di rigore (in difesa!) e grazie a due errori colossali della difesa bianconera si è trovato per due volte in vantaggio. La formazione partenopea ha fatto poco gioco, si è limitata a contenere e picchiare spezzando il ritmo. E i limiti sono venuti fuori quando è uscito Hamsik per Gargano e poi, con un cambio alla PES, è uscito l'ammonito Cannavaro per Fernandez (il fatto che sia titolare nella nazionale argentina lascia molti dubbi). Insomma tutti in trincea, fino a quando Pandev ha cercato il rosso e Zuniga ha abbattuto Giovinco. In mezzo una gara mediocre, vinta dal meno peggio.

domenica 29 luglio 2012

Esodati & disoccupazione giovanile al 36%..qualcosa non torna

La retorica del Governo cattivo e dei sindacati che difendono i diritti dei più deboli, mi lascia alquanto perplesso. Sarà per la mia giovane età, ma fatico a comprendere la polemica sugli esodati. O meglio, capisco quanto sia antipatica la situazione (cambiano le regole del gioco), ma penso che ci si dimentica di fare uno più uno e collegare dati apparentemente sconnessi. Ammetto il mio conflitto d’interessi (sono giovane), ma ne vedo uno grosso come una casa tra i sindacati che, legittimamente, tutelano l’interesse dei loro affiliati. Per carità, la cosa è giusta, però almeno si potrebbe evitare tutto il teatrino.
In una fase storica in cui una percentuale compresa tra il 30% e il 40% dei giovani è stabilmente disoccupata, nessuno fa la domanda più logica: ma perché a fronte di un certo numero di esodati abbiamo una disoccupazione giovanile alta? Se i sindacati avessero a cuore il bene del paese, dovrebbero ammettere che non hanno mai pensato, in nessuna fase storica, di inserire nelle trattative con le aziende (intendo le trattative per definire la buonuscita degli esodati) una clausola per assicurare un doveroso ricambio generazionale.