lunedì 27 dicembre 2010

Se Di Pietro fa il Berlusconi..

Luigi De Magistris ha denunciato la disorganizzazione che regna nell'Italia dei Valori. L'improvvisa conversione di Razzi e Scilipoti è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, anche se bastava ascoltare questi due ex dipietristi per capire che qualcosa non funzionava. La lettera scritta dall'europarlamentare, Sonia Alfano e da Giulio Cavalli, ha messo in discussione i criteri adottati dall'IDV per selezionare la classe politica. Il problema è noto da tempo e, in una certa misura, anche il Porcellum di Calderoli ha alimentato questo deriva perché ha conferito un potere spropositato ai capi partito. Nel caso di Scilipoti si narra che Di Pietro lo scelse durante un'assemblea perché il valoroso agopuntore era il più agitato tra gli antiberlusconiani, ed è superfluo rimarcare che in tutto ciò non si veda alcuna traccia di meritocrazia. 

Se questo aneddoto fosse vero si potrebbero dedurre alcune cose. Per esempio che Di Pietro non  sembra essere molto furbo nel selezionare i politici e dovrebbe iniziare ad adottare dei criteri collegiali e trasparenti, in modo da premiare la professionalità e la competenza, a discapito della demagogia e della simpatia. Ad ogni modo bisogna ricordare che la reazione di Di Pietro alle critiche è stata sbagliata perché ha detto che De Magistris vuole fargli le scarpe, esattamente quello che Berlusconi diceva di Fini. Se Di Pietro si arrocca su queste posizioni fa una figura misera e danneggerà il suo movimento politico. 

L'altro aspetto è legato alla porcata che andrebbe cambiata per togliere potere alle segreterie di partito, anche se, senza un cambiamento culturale, non sarà una condizione sufficiente a risolvere definitivamente il problema. Nell'attuale Parlamento c'è un numero consistente di deputati e senatori che hanno cambiato partito. Questo fatto ha portato alcuni incauti onorevoli a dichiarare che la fedeltà e la riconoscenza sono dei valori (per il parlamentare si intende). Ma il male dei vassalli / servi in politica resta, perché infatti non si può accettare che qualche parlamentare metta fedeltà e riconoscenza (due cose che in politica hanno un'importanza secondaria!) davanti alle idee e ai contenuti. Ricordiamo che in Italia non esiste un vincolo di mandato proprio perché il parlamentare ha la libertà di cambiare idea (l'essere è mutevole) o, molto più semplicemente, perché durante l'incarico potrebbero emergere delle nuove criticità che creano delle forti divergenze tra persone che erano state elette con lo stesso partito. E' vero che questa libertà poi legittima i Razzi e gli Scilipoti, ma è un rischio da accettare. E' compito dei partiti adottare meccanismi adeguati per la selezione della classe politica.

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