La storia di Cassano la conoscono tutti. Durante lo scorso autunno, l'ex fantasista della Sampdoria, ha avuto uno screzio con il suo ex Presidente (Garrone, il patron della ERG) e l'ha insultato. Garrone non ha tollerato quella mancanza di rispetto, ha deciso di mettere Cassano fuori rosa e ha presentato un esposto all'arbitrato al fine di arrivare ad una risoluzione del contratto. Nelle prime settimane di Dicembre è arrivata la sentenza dell'arbitrato che ha reintegrato in rosa il barese e ha disposto per un dimezzamento dello stipendio. Quest'ultimo provvedimento è stato sottovalutato dalla stampa sportiva, forse anche perché Cassano ha molti sostenitori tra i giornalisti, ma a livello morale rappresenta una vittoria per Garrone. Il patron della Sampdoria però non era intenzionato a perdonare Cassano e, col mercato di gennaio, è stato disposto il trasferimento del fantasista al Milan dove, stando alle indiscrezioni apparse sui giornali, percepirà lo stipendio previsto dal suo contratto con il club blucerchiato (ovvero i 3 mln che percepiva prima dell'arbitrato). Non voglio passare per anti milanista a prescindere, ma trovo che tutta questa storia sia ingiusta. Un paragone nel passato lo possiamo trovare col caso di Mutu che, dopo lo scandalo cocaina, venne licenziato dal Chelsea e passò alla Juventus a parametro zero.
Non dico che agli atleti non debba essere offerta l'opportunità di ripartire, ma deve essere altrettanto chiaro che ad un errore non dovrebbe corrispondere un miglioramento delle condizioni. Nei fatti Cassano ha sfanculato il suo Presidente, ovvero una di quelle poche persone che ha creduto in lui quando sembrava finito, ed ora si ritrova con lo stesso stipendio in un club ben più blasonato. Questa storia sembra insegnare che, quando si vuole cambiare squadra, si può sempre insultare qualche dirigente per arrivare ad una rottura. La chiamano "hard life".
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