In questo periodo a Barcelona sono in corso gli Europei di Atletica. Il movimento italiano non sta navigando in una nuova età dell'oro, ma può contare su alcune buone individualità e sta raccogliendo dei bei risultati.
Non voglio però usare questo spazio per commentare le prestazioni degli atleti azzurri, bensì preferisco concentrarmi sulle parole pronunciate da Alex Schwazer dopo il prematuro ritiro nella 50 km di marcia vinta dal francese Diniz. L'altoatesino è un predestinato, ha già vinto un oro olimpico e ha ottenuto brillanti pazziamenti nei Campionati Mondiali. Pur avendo fallito l'obiettivo della 50 km non tornerà a casa a mani vuote perché nella 20 km ha vinto la medaglia d'argento. Senza alcun ombra di dubbio si può dire che Schwazer sia una delle migliori espressioni dello sport italiano. Fatti i dovuti paragoni lo colloco ai livelli di un Valentino Rossi, anche se, per questioni anagrafiche, ha vinto meno. Ma chiunque segua l'atletica sa che Schwazer ha tutto per diventare un campione capace di cannibalizzare la sua disciplina.
Dopo il ritiro ha rilasciato delle dichiarazioni che gli fanno onore perché ha dimostrato un coraggio ed un'onestà invidiabili. Davanti ai microfoni della stampa non ha cercato scuse per giustificare la prestazione deludente, ma ha esternato il suo disagio, trovando il coraggio di raccontarsi. Del resto chi ha provato a fare sport sa che la vera sfida non è contro i rivali, ma contro se stessi. La cosa vale soprattutto nelle discipline di resistenza (atletica, nuoto, ciclismo, sci di fondo), dove l'atleta combatte un'aspra battaglia per migliorare le sue prestazioni e la fatica è inseparabile compagna di viaggio. Quando ti applichi negli sport di resistenza sai che arriverà un momento in cui i tuoi muscoli chiedono tregua, e tu sei chiamato a dare quel qualcosa in più che spesso fa la differenza tra un buon piazzamento e una prestazione leggendaria. Certo per vincere bisogna avere i mezzi fisici, ma le motivazioni, la voglia di faticare, sono una condizione imprescindibile. Chi ignora quest'aspetto, non sa cosa sia veramente lo sport.
Ammettere di non voler fare fatica è una prova di coraggio. Schwazer l'ha fatto, ed è scontato ricordare che se non c'è la volontà di faticare, mancherà anche la gioia di fare sport. Il campione si è mostrato fragile e vulnerabile, e credo debba valutare bene cosa fare nel futuro. Se non riuscirà a ritrovare gli stimoli e conviverà con la "paura" di fare fatica, allora gli consiglio di mollare con l'agonismo perchè altrimenti andrebbe incontro ad una serie cocente di delusioni. Nell'ultimo decennio c'è stato un altro grandissimo della bicicletta che ha corso con pochi stimoli per due anni e la cosa non l'ha aiutato.
Non voglio però usare questo spazio per commentare le prestazioni degli atleti azzurri, bensì preferisco concentrarmi sulle parole pronunciate da Alex Schwazer dopo il prematuro ritiro nella 50 km di marcia vinta dal francese Diniz. L'altoatesino è un predestinato, ha già vinto un oro olimpico e ha ottenuto brillanti pazziamenti nei Campionati Mondiali. Pur avendo fallito l'obiettivo della 50 km non tornerà a casa a mani vuote perché nella 20 km ha vinto la medaglia d'argento. Senza alcun ombra di dubbio si può dire che Schwazer sia una delle migliori espressioni dello sport italiano. Fatti i dovuti paragoni lo colloco ai livelli di un Valentino Rossi, anche se, per questioni anagrafiche, ha vinto meno. Ma chiunque segua l'atletica sa che Schwazer ha tutto per diventare un campione capace di cannibalizzare la sua disciplina.
Dopo il ritiro ha rilasciato delle dichiarazioni che gli fanno onore perché ha dimostrato un coraggio ed un'onestà invidiabili. Davanti ai microfoni della stampa non ha cercato scuse per giustificare la prestazione deludente, ma ha esternato il suo disagio, trovando il coraggio di raccontarsi. Del resto chi ha provato a fare sport sa che la vera sfida non è contro i rivali, ma contro se stessi. La cosa vale soprattutto nelle discipline di resistenza (atletica, nuoto, ciclismo, sci di fondo), dove l'atleta combatte un'aspra battaglia per migliorare le sue prestazioni e la fatica è inseparabile compagna di viaggio. Quando ti applichi negli sport di resistenza sai che arriverà un momento in cui i tuoi muscoli chiedono tregua, e tu sei chiamato a dare quel qualcosa in più che spesso fa la differenza tra un buon piazzamento e una prestazione leggendaria. Certo per vincere bisogna avere i mezzi fisici, ma le motivazioni, la voglia di faticare, sono una condizione imprescindibile. Chi ignora quest'aspetto, non sa cosa sia veramente lo sport.
Ammettere di non voler fare fatica è una prova di coraggio. Schwazer l'ha fatto, ed è scontato ricordare che se non c'è la volontà di faticare, mancherà anche la gioia di fare sport. Il campione si è mostrato fragile e vulnerabile, e credo debba valutare bene cosa fare nel futuro. Se non riuscirà a ritrovare gli stimoli e conviverà con la "paura" di fare fatica, allora gli consiglio di mollare con l'agonismo perchè altrimenti andrebbe incontro ad una serie cocente di delusioni. Nell'ultimo decennio c'è stato un altro grandissimo della bicicletta che ha corso con pochi stimoli per due anni e la cosa non l'ha aiutato.
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