Quando si tratta di commentare i risultati elettorali, i partiti politici italiani hanno sviluppato la capacità di guardare solo ai numeri di comodo. Il PD sostiene di aver vinto perché la sua percentuale è leggermente salita rispetto alle europee. I piddini sanno bene che potrebbero confrontare i dati delle ultime regionali con le ultime tre consultazioni: regionali 2005, politiche 2008 ed europee 2009 (le politiche 2006 mi sembrano superflue). Quindi tra le tre fanno il paragone con la peggiore tornata elettorale, almeno si tirano un po' su il morale.
Il PdL, per non essere da meno, utilizza lo stesso criterio. Ma visto che Berlusconi ha vinto le politiche e ha tenuto alle europee, allora va a ricercare un confronto nella preistoria. Nel 2005 An e Forza Italia erano due entità distinte, Casini era ancora con Berlusconi, Ibrahimovic era alla Juventus, Schumacher alla Ferrari e, soprattutto, il Governo più longevo della nostra storia repubblicana era poco apprezzato dagli italiani. Difatti Berlusconi vinse solo in Lombardia e Veneto, che dimostrarono di stare al centro destra come Emilia Romagna e Toscana stanno al centro sinistra.
Un confronto con l'11 a 2 del 2005 può andare bene solo per quelli che sono andati su Marte in questi cinque anni. Le campagne elettorali, regionali ed europee comprese, sono sempre state personalizzate dal Cavaliere che, molto probabilmente, pensa di massimizzare il risultato del PdL quando catalizza l'attenzione dei media sulla sua persona. Già questo motivo basterebbe per ignorare l'11 a 2, ed effettuare un confronto con i risultati delle europee del 2009 perchè, come già detto, il cittadino non "distingue" l'oggetto della tornata elettorale.
Poi, scusate, la conta delle Regioni vinte / perse non risponde ad una finalità regionale (ogni singola Regione è di uno dei due schieramenti), ma all'esigenza di interpretare i dati a livello nazionale. La conta di regioni e percentuali dei singoli partiti ha quindi la funzione di tastare gli umori degli italiani, in chiave predittiva rispetto alle future elezioni politiche. Una sorta di verifica di mezzo termine. E' per questo che bisogna leggere i trend e guardare se sia o meno necessario ricorrere ad azioni correttive. Il PdL (includendo il listino Polverini) si attesta al 31%, il calo è spaventoso. Il PD si mantiene ben sotto il 30%, ben lontando dai fasti veltroniani (ma i Radicali erano inglobati) e l'astensione non ha danneggiato solo le altre tre forze minori rappresentate in Parlamento: Lega, UDC e IDV. Casini e Di Pietro restano stabili, mentre la Lega cresce, qualunque confronto si utilizzi.
Il PdL, per non essere da meno, utilizza lo stesso criterio. Ma visto che Berlusconi ha vinto le politiche e ha tenuto alle europee, allora va a ricercare un confronto nella preistoria. Nel 2005 An e Forza Italia erano due entità distinte, Casini era ancora con Berlusconi, Ibrahimovic era alla Juventus, Schumacher alla Ferrari e, soprattutto, il Governo più longevo della nostra storia repubblicana era poco apprezzato dagli italiani. Difatti Berlusconi vinse solo in Lombardia e Veneto, che dimostrarono di stare al centro destra come Emilia Romagna e Toscana stanno al centro sinistra.
Un confronto con l'11 a 2 del 2005 può andare bene solo per quelli che sono andati su Marte in questi cinque anni. Le campagne elettorali, regionali ed europee comprese, sono sempre state personalizzate dal Cavaliere che, molto probabilmente, pensa di massimizzare il risultato del PdL quando catalizza l'attenzione dei media sulla sua persona. Già questo motivo basterebbe per ignorare l'11 a 2, ed effettuare un confronto con i risultati delle europee del 2009 perchè, come già detto, il cittadino non "distingue" l'oggetto della tornata elettorale.
Poi, scusate, la conta delle Regioni vinte / perse non risponde ad una finalità regionale (ogni singola Regione è di uno dei due schieramenti), ma all'esigenza di interpretare i dati a livello nazionale. La conta di regioni e percentuali dei singoli partiti ha quindi la funzione di tastare gli umori degli italiani, in chiave predittiva rispetto alle future elezioni politiche. Una sorta di verifica di mezzo termine. E' per questo che bisogna leggere i trend e guardare se sia o meno necessario ricorrere ad azioni correttive. Il PdL (includendo il listino Polverini) si attesta al 31%, il calo è spaventoso. Il PD si mantiene ben sotto il 30%, ben lontando dai fasti veltroniani (ma i Radicali erano inglobati) e l'astensione non ha danneggiato solo le altre tre forze minori rappresentate in Parlamento: Lega, UDC e IDV. Casini e Di Pietro restano stabili, mentre la Lega cresce, qualunque confronto si utilizzi.
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