sabato 17 aprile 2010

Calciopoli 2. Non è una partita Inter - Juventus

Usando un'espressione abusata si potrebbe dire che ieri sera si giocava la "madre di tutte le partite". La Juventus è stata sconfitta dall'Inter. L'espulsione di Sissoko mi pare giusta e ha influenzato il risultato finale della partita. Da juventino spero solo che la dirigenza abbia la giusta freddezza per valutare gli errori commessi. Diego è stato solo un abbaglio estivo, non sa giocare la palla di prima e mi sembra più bello che utile.

Nel frattempo continua il processo di Napoli. Vedo che la discussione su Calciopoli continua ad essere caotica. Processo sportivo (ormai chiuso) e penale vengono mischiati in modo opportunistico, ma sarebbe ora di ricordare le differenze che intercorrono tra le due indagini. Quella sportiva si è risolta in tempi brevi e tali da non poter garantire una verifica puntuale di tutte le responsabilità degli imputati. E' stato un processo sommario perché è prevalsa l'esigenza di non far slittare l'inizio dei campionati (sennò si metteva a repentaglio la partecipazione dei club italiani alle coppe europee). Non c'è quindi stata la possibilità di valutare con calma tutti gli elementi e il processo è stato saggiamente guidato da considerazioni di carattere etico. Non potendo dimostrare le singole accuse, si è preferito tagliare la testa al toro osservando che alcuni comportamenti erano eticamente inaccettabili e perciò bisognava punire dirigenti e club coinvolti. Agli amici nerazzurri faccio solo una piccola constatazione. Il processo sportivo ha comunque distinto le colpe dei diversi club, non c'è stata una ghigliottina per tutti i sospettati, però è altrettanto vero che c'è stata una condanna basata sulla valutazione di alcuni comportamenti. I tempi, ed il clima mediatico, erano tali che una chiamata bastava per ottenere una penalizzazione. La Juventus, dato che alcuni atteggiamenti (le telefonate, sim svizzere, ecc) erano più frequenti che altrove, ha pagato la pena massima. Gli altri club coinvolti hanno avuto condanne minori. Da sportivo mi chiedo solo una cosa: che differenza c'è tra le telefonate dei Della Valle, Lotito e dei dirigenti nerazzurri? E' giusto che l'Inter stia nel club degli onesti con il Chievo di Campedelli e l'Atalanta (tanto per citarne due che non chiamavano)?

Se la condanna sportiva è su basa etica, ne consegue che la consegna del titolo sportivo è un premio etico. Forse l'Inter non lo meritava, di certo non ha commesso delle azioni che sono paragonabili a quelle di Moggi & co, ma se applicassimo, con equità, i principi di lealtà sportiva che hanno determinato le squalifiche, dovremmo riconoscere che l'assegnazione dello scudetto è stata frettolosa e sbagliata. Questo non significa in alcun modo comparare le telefonate di Facchetti con quelle di Moggi, la diversità di toni e contenuti è evidente (e verrà valutata in ambito penale), ma al tempo stesso bisogna differenziare chi ha chiamato da chi non ha tenuto simili comportamenti.

A livello penale il processo rispetta invece quei tempi che garantiscono maggiore accuratezza. I giudici avranno la possibilità di valutare e di costruire la loro interpretazione dei fatti. Sottolineo solo una cosa: un impianto accusatorio basato solo su telefonate e sim mi pare molto debole. Oggi la Gazzetta pubblica alcune intercettazioni di Moggi in cui parlerebbe con alcuni arbitri. Niente di nuovo, ma manca sempre l'oggetto della corruzione. Si è detto che fossero le promozioni degli arbitri ad internazionali. Forse sarebbe anche arrivata l'ora (dopo quattro anni!) di svelare quel meccanismo.

La Gazzetta continua a giocare a far finta di non capire. Siccome le telefonate di Moratti e Facchetti le ha portate Moggi, allora il processo è stato trasformato in una partita Inter - Juventus. La semplificazione mi pare grave e sinonimo di superficialità. Nel processo di Calciopoli non ha pagato solo la Juventus, hanno pagato anche altri club per molto meno. Se vuoi giocare a fare il Torquemada, fallo fino alla fine.

venerdì 16 aprile 2010

La Lega Nord cerca un posto al sole. I tempi di "Roma ladrona" sono lontani

In queste settimane, nei dibattiti televisivi e sulla carta stampata, vediamo che tutti gli opinionisti non perdono occasione per tessere le lodi della Lega Nord. Tito Boeri (Repubblica) non si è unito al coro, anzi si è permesso di scrivere che la Lega ha incentivato alcune forme discrezionali di assistenzialismo, come la cassa integrazione in deroga, che sono state usate in modo scientifico al solo fine di avere un ritorno in termini di voti. Come abitudine è intervenuto il Corriere della Sera, che attraverso la penna di De Vico ha criticato l'articolo dell'economista de lavoce.info. Se Boeri aveva sottolineato anche l'identikit dei possibili beneficiari dello scudo fiscale (in media ogni evasore ha rimpatriato mezzo milione di euro), per De Vico non è una prova sufficiente per colpevolizzare quel mondo di lavoratori indipendenti che oggi strizza l'occhio al Carroccio.

Di certo c'è solo un fatto, ormai in atto da anni, la Lega, nata come movimento di protesta contro "Roma ladrona", si sta istituzionalizzando, sta diventando un elemento strutturale a quel potere che ha tanto criticato. Non sta operando una rivoluzione in cui le regole ingiuste vengono sostituite con altre più giuste, ma sta solo lottando per conquistare uno spicchio di potere. Bossi aveva promesso una forte discontinuità con la vecchia politica, ma non sta cambiando i "modi", bensì vuole solo sostituirsi (o coesistere) con l'establishment al potere. Le bugie però dovrebbero avere le gambe corte, anche se in loro soccorso arriva la grave miopia che affligge gli italiani.

Nel 2006 la riforma elettorale firmata da Calderoli fu definita da egli stesso "una porcata". La notte dell'election day La Russa (PdL) e Panzeri (PD) erano da Fede e assicuravano i telespettatori: quella legge verrà cambiata e sarà reintrodotta la preferenza. Dopo quattro anni la "porcata" invece è ancora lì che resiste, nonostante si siano alternati un Governo di centro sinistra e uno di centro destra. Non ci vuole nessun sondaggio popolare per capire che la cittadinanza attiva vorrebbe una reintroduzione del voto di preferenza, nonostante i discorsi da lavaggio del cervello che vengono fatti per difendere l'attuale legge elettorale (voluta e firmata dalla Lega Nord). A sostegno dell'attuale legge si dice che il vecchio sistema premiava i più ricchi. A questa "brillante" osservazione rispondo con una domanda retorica: preferiamo un sistema in cui il cittadino ha il diritto di scelta (e le nuove tecnologie abbattono pure i costi d'informazione) o un sistema in cui i partiti, sulla base di criteri non noti al popolino, fissano l'ordine dei nominati? Meglio un sistema che lascia la possibilità di sorprese, o un sistema che ha il piccolo effetto di premiare certamente i "leccapiedi" che entrano nelle grazie del capo partito di turno?

La Lega è un partito verticale, la leadership di Bossi non è mai stata in discussione e gli onorevoli leghisti mi sembrano troppo devoti al partito. E' un organismo palesemente autoreferenziale, non c'è da stupirsi se difende una legge che toglie potere alla gente e lo dirotta ai capi partito. Non parliamo poi della coerenza tra parole e azione.

"Roma ladrona, la Lega non perdona". Bossi sta però attuando una politica che va contro queste sue stesse parole, ma il popolo lo premia. In Italia la coerenza non sarà un valore, ma la candidatura di Renzo Bossi, già consigliere in una municipalizzata dell'Expo, è la dimostrazione che il movimento di rottura si è trasformato in una nuova piccola casta che vuole ritagliarsi una fetta di potere. Qualche giorno fa poi Bossi ha detto che le banche del Nord spettano alla Lega. Qualcuno solleva la questione del CrediNord, però il problema non è solo quello. La Lega ha fatto breccia in tutte quelle persone che sono stufe di vedere una politica che allarga le sue influenze nella società, invadendo i consigli delle società di servizi, lottizzando anche la più piccola ASP di paese. Ma in realtà, all'atto pratico, non sta adoperandosi per sostituire il sistema delle lottizzazioni con la tanto abusata "meritocrazia". Vuole solo un posto al sole. Questa è una finta novità, chi non lo capisce si compri un paio di occhiali.

P.S. so bene che il voto è un compromesso. Come cittadino se voto per un partito non decido di abbracciare in toto le idee ed i comportamenti che esprime. Indico solo una vicinanza, che è diversa da una totale adesione.


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giovedì 15 aprile 2010

La crisi ignorata

Mentre il Presidente del Consiglio era impegnato negli Stati Uniti, in Italia la politica ha continuato ad offrire il solito distacco dalla realtà quotidiana che vivono i cittadini. Dopo un anno tragico in cui si è perso il 5% di prodotto interno lordo e si sono formati 400.000 nuovi disoccupati (senza contare gli inattivi per scelta o per necessità), l'agenda politica dovrebbe essere occupata solo da tematiche economiche. Purtroppo siamo in Italia e abbiamo scelto di avere personaggi come Gasparri in Parlamento, infatti a Ballarò l'ex aennino ci ha illuminato osservando che tutto sommato non ce la passiamo male perché "stiamo meglio rispetto ai primi anni del Novecento". Che acume! E che coraggio, perché ad andare in tv a dire (con aria seria) queste cose ci vuole una buona dose di incoscienza. Credo che vedere un politico che enuncia quest'osservazione, come se fosse un'intuizione geniale, sia la più chiara dimostrazione che abbiamo una classe politica inadeguata. Non sono cattive persone, sono solo incapaci.

Da oltre un anno metà della maggioranza nega l'evidenza. Vanno in televisione e ci spiegano che siamo i meno peggio. Poi si scopre che non siamo i meno peggio, e allora ci raccontano che la "I" di PIGS sta per Irlanda e non per Italia (evvai!), noi siamo i quintultimi nell'Europa centro - occidentale, e per qualcuno ci sarebbe anche da esultare. Poi ci dicono che dobbiamo festeggiare perché il PIL pro capite italiano ha superato quello inglese, ma se Confinustria parla di paese in "declino" analizzando la serie storica dello stesso PIL pro capite e comparandola con quello degli altri big europei commette un errore perché secondo l'economista Fortis, in una relazione usata dal governo per ribattere alle obiezioni della Marcegaglia, il PIL pro capite non va bene come indicatore ed è preferibile concentrarsi sul suo valore assoluto.

La realtà è che parte di questa maggioranza sa vivere la politica solo attraverso un'eterna conflittualità. Non è tuttta la maggioranza, ma mi riferisco solo ai politichelli (che stanno anche all'opposizione, ma oggi non governano) che abusano del "noi" e del "voi". I manichei da strapazzo non agiscono nell'interesse nazionale, ma sono ossessionati dal loro consenso personale. Quando chiamano Hamid Karzai per liberare alcuni prigionieri, sottolineano che si attivano sebbene Emergency sia un'organizzazione di sinistra. Ma se sei un Ministro della Repubblica Italiana dovresti avere a cuore il benessere e la sicurezza di tutti gli italiani, troppo facile mostrare senso dello Stato con gli amici.

Quando invece guardano i dati economici vedono un pericolo serio perché un dibattito basato sui fatti (e non su astruse difese in cui si costruiscono set di indicatori compiacenti e parziali) metterebbe a nudo l'incapacità di un Parlamento di nominati, che non hanno le qualità per gestire e risolvere il problema, e potrebbe quindi rivelarsi un boomerang per la maggioranza. Non si parla di crisi perché prevale l'interesse di breve periodo e la programmazione di lungo è un intoppo lasciato sulle spalle di Tremonti, che è chiamato all'arduo compito di far quadrare i conti.

La fiducia degli italiani, che hanno comunque premiato il centro destra, ha un limite. E a qualche Parlamentare bisogna spiegare la differenza tra voto e totale adesione ad un progetto politico.

domenica 11 aprile 2010

Berlusconi va dagli industriali e prova a spiegare che i suoi problemi sono le priorità dell'Italia

Diversi articoli sul Corriere della Sera e sul Sole 24 Ore esprimono i punti di vista che sono maturati durante l'assemblea di Confindustria. Emma Marcegaglia ha chiesto fatti e non promesse, ha sfidato il Governo ad un taglio della spesa dell'1% e ha fissato l'obiettivo da raggiungere: una crescita del PIL del 2% all'anno. Il traguardo è ambizioso e considerando che la Presidente di Confindustria ha parlato di "paese in declino", si tratta di un obiettivo che richiede uno sforzo enorme da parte dell'esecutivo (oltre che alcune capacità di base).

Berlusconi ha espresso altre osservazioni. Il Presidente del Consiglio ha dapprima sparso ottimismo. La cosa, di per sè, non è negativa perchè è impossibile immaginare una ripresa senza quella sana voglia di fare che induce l'imprenditore ad intraprendere quelle iniziative rischiose che sono alla base della produzione di benessere economico / sociale. Il problema è semmai l'uso che Berlusconi fa dell'ottimismo. Fino a prova contraria il Presidente del Consiglio non è proprietario dell'Italia, ma è stato scelto dagli italiani per gestirla. La diffusione dei dati sull'andamento del paese ha quindi una duplice funzione: da un lato ci aiuta a comprendere la competitività del Belpaese, mentre dall'altra parte ci aiuta a valutare l'efficacia e l'adeguatezza delle decisioni dell'esecutivo in carica. Berlusconi usa l'assunto che "i dati negativi spingono al pessimismo e non aiutano il paese perché disincentivano la ripresa", ma il problema è che se vietiamo la diffusione di quei dati (o come fa Tremonti diciamo che sono inutili) come facciamo a capire se le scelte dell'esecutivo sono buone? Come possiamo pretendere di dire che la situazione è buona, o migliore rispetto agli altri paesi, se non ci affidiamo a dei riscontri oggettivi? Nel suo discorso Berlusconi ha detto che suo figlio gli ha confermato che il mercato pubblicitario è in ripresa. Sicuramente questa è una bella notizia per la famiglia Mediaset - Fininvest, ma non può essere la risposta che un Presidente del Consiglio dà all'intero paese. Dubito che un umore di un figlio sia più significativo rispetto all'istantanea che tracciano diversi indicatori.

Se pensiamo che l'Italia sia un paese maturo, allora possiamo essere intimamente ottimisti e, allo stesso tempo, guardare senza alcuna paura ai dati diffusi da Istat, Ocse, ecc. Solo attraverso una diffusione delle informazioni può nascere quel dibattito che dovrebbe portare alla formazione di quelle proposte che sono necessarie per il rilancio del sistema. Il singolo imprenditore, per rilanciare la sua impresa, può affidarsi ad un'intuizione estemporanea o ad un'idea che è applicabile solo in quello specifico contesto. Fa un mestiere diverso chi gestisce un paese, deve dare risposte sistemiche capaci di accrescere la competitività di aziende che potrebbero essere in competizione tra loro. Se uno si preoccupa della fetta (Mediaset, Fiat, ecc), l'altro deve guardare alle dimensioni della torta. E' una semplificazione forte, ma dobbiamo capire che gli interessi del bravo politico sono diversi da quelli di un politico che giudica la situazione economica sulla base dell'andamento delle sue aziende.

Nel complesso il discorso di Berlusconi è stato un inno al suo ego, infatti dalla crisi (analizzata dicendo che il PIL è calato solo del 5% e la ricchezza delle famiglie si è contratta solo dell'1,8%) si è spostato verso i temi che più gli stanno a cuore: poteri del premier e giustizia. Per mettere a tacere chi lo accusa d'incapacità ha sostenuto di avere pochi poteri (infatti il Lodo Alfano l'ha approvato in meno di due mesi) stretto come è nella morsa di questa democrazia parlamentare. Poi ha parlato di intercettazioni e mala giustizia. Non vi è dubbio che la giustizia italiana abbia molti problemi, ma considerato che parlava ad una platea di industriali avrei preteso altre riflessioni. Se l'Italia è un paese che attira pochi investimenti stranieri è anche perché la giustizia è inaffidabile. Altro che squilibrio tra accusa e imputato, o problemi di privacy, la realtà è che se subisci un torto tra prescrizioni e sottodimensionamenti dei tribunali (che restano i più produttivi in Europa) hai una buona possibilità di non vedere rispettati i tuoi diritti. Chi emana norme che ingolfano la giustizia, ed allegerisce le pene per i reati di corruzione, contribuisce a ridurre l'attrattività dell'Italia perché crea un paese in cui l'onestà non è premiata.

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giovedì 8 aprile 2010

Calciopoli 2. Le scuse per deviare l'attenzione

Quattro anni fa l'intercettazione in cui Moggi jr raccontava il due di picche preso dalla D'Amico la trovavi nelle prime cinque pagine della Gazzetta. Oggi fa specie constatare che le nuove intercettazioni sono relegate a pagina 11. Ma non c'è da stupirsi, già in altri casi la Gazzetta aveva spiattellato in prima pagina le richieste dell'accusa, e poi aveva scritto dei brevi trafiletti per informare sulle sentenze (di assoluzione nel merito, senza prescrizione). Niente di nuovo, questa è la coerenza di quel giornalismo sportivo che spara cannonate contro gli idoli caduti in disgrazia, e poi, quando la disgrazia si consuma, è pronto a versare lacrime e a celebrarne le gesta con dvd. 

Calciopoli 2 non sembra essere un bluff, ma è bene chiarire alcuni aspetti perché i soliti giornalisti e opinionisti da bar sport continuano ad inserire nella discussione degli aspetti che contribuiscono ad accrescere il caos. Anche l'ottimo Beppe Severgnini ha scritto un articolo sul Corriere della Sera in cui alimentava la confusione. Il suo pezzo sembrava fosse guidato da una logica troppo manichea, in cui o si arrivava ad una condanna dei dirigenti bianconeri, o si aveva una riabilitazione totale del sig. Luciano Moggi. Ma è proprio questa mentalità ad essere sbagliata. Le nuove intercettazioni hanno mostrato che alcuni comportamenti erano diffusi nelle tre squadre di vertice, ma la competizione sportiva non coinvolge solo Milan, Juventus ed Inter. Se analizziamo le rose di quegli anni converremo che le due milanesi ed i bianconeri erano una spanna superiori alle altre squadre, ma ciò non toglie che da un punto di vista di lealtà sportiva avevano gli stessi diritti / doveri dei piccoli club. Il diritto sportivo non ha alcun principio di tutela per gli atleti / squadre più importanti, ma deve assicurare che la competizione sia equa e leale. E' un po' difficile dimostrare che l'Inter, siccome è una grande squadra (opinione), ha il diritto di chiamare i designatori per autodifesa e non danneggia il Chievo Verona perché il piccolo club clivense non potrà mai vincere lo scudetto. Un codice guidato da tali principi non avrebbe alcun fondamento. Difatti in Calciopoli furono inclusi anche club che non lottavano per lo scudetto e lo condanne furono proporzionate alla gravità dell'illecito accertato, che è indipendente dalla posta in gioco.

Ma la palma della stupidità va a tutti gli opinionisti che usano queste frasi "ma la Juve vinceva", "i giocatori in diffida venivano ammoniti in modo da saltare la gara contro la Juve", e bla, bla. Tali discorsi introducono un salto logico perché partono dal presupposto che ci sia una correlazione diretta tra illecito e risultato sportivo. In realtà non è così. In alcuni sport si può dopare il secondo o anche l'ultimo, e comunque pagano tutti nella stessa misura. Nel calcio poi c'è anche un elemento di aleatorietà che ha un peso maggiore rispetto agli sport di resistenza e agli altri sport di squadra. Quante volte ci capita di vedere una gara in cui una squadra fa un tiro segna e vince, e magari gli altri sbagliano gol già fatti e prendono traverse? Se ipotizzassimo che la seconda squadra avesse pagato un giudice di gara, l'illecito c'è comunque e il risultato finale non lo attenua.

Invece sul tema del numero di ammoniti, rapporto falli / ammoniti e numero di giocatori in diffida squalificati, vedo solo tanto populismo alla Biscardi. Il calcio non è scienza, sulla gravità dei falli (e sulla congruenza delle sanzioni applicate) si può dibattere per ore. Il rapporto falli / ammoniti non include la gravità dei falli, che invece è l'unica discriminante usata per distribuire ammonizioni ed espulsioni. E se qualcuno vuole dimostrare che c'era una scientificità nella distribuzione dei cartellini, può guardarsi le gare e iniziare a fare i suoi calcoli.

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martedì 6 aprile 2010

Che confusione con Calciopoli

Dopo quasi quattro anni arrivano nuove intercettazioni che coinvolgono alcuni dirigenti sportivi ed uno dei designatori arbitrali. Da juventino non nascondo che proverei un enorme piacere se si riuscisse a dimostrare che la Juventus non aveva partecipato ad alcun illecito sportivo, ma nell'estate del 2006 gli organi preposti a tali valutazioni hanno retrocesso la Juventus in serie b e hanno riconosciuto che le colpe dei dirigenti bianconeri erano tali da dover ricadere anche sulla società. Quindi le nuove intercettazioni non smontano l'impianto accusatorio centrato sulla presunta associazione a delinquere, ma ci aiutano a comprendere alcuni retroscena e come gli "onesti" combattono i "disonesti".

Moratti, Facchetti, Meani e Galliani, chiamavano i designatori, esattamente come facevano Moggi e Giraudo. Da questo quadro si evince che la banda degli "onesti" non era guidata da uno spirito di giustizia, ma semplicemente mirava a raggiungere la posizione di privilegio occupata da altri. I dirigenti nerazzurri e rossoneri escono ridimensionati proprio perché agivano esattamente come Moggi (associazione a delinquere a parte, particolare non da poco): chiamavano per controllare / orientare l'operato dei designatori. Meani chiama Bergamo e prepara la griglia per Milan - Juventus, e quando si parla di Trefoloni si lascia andare un "gli tagliamo la testa noi" (noi chi?, la famiglia milan - mediaset?). Moratti si preoccupa delle scelte degli arbitri e Facchetti viene rassicurato da Bergamo ("vinciamo insieme"). Sarà pur stata una reazione allo strapotere Juventino, ma io vedo un tentativo di succedere al re, non la voglia di trasformare la monarchia in una repubblica.

Sarà pur vero che questi fatti, da soli, non modificano la posizione della Juventus rispetto all'associazione a delinquere, ma almeno chiariscono, una volta per tutte, quanto fosse stata inopportuna l'assegnazione dello scudetto a tavolino.

L'altro aspetto concerne il ruolo della stampa. Nell'estate del 2006, gli inquisitori del quotidiano più venduto d'Italia, continuavano ad osannare gli onesti e a dipingere la Juventus come l'emblema del male. La cosa gli riusciva assai bene, soprattutto se consideriamo l'esperienza maturata a cavallo del 2000 con la distruzione del più grande atleta italiano degli anni '90. Anche lì applicando un rigore morale che in Italia usiamo solo per i fatti sportivi, e non nascondo che la cosa mi sembra grottesca: è un po' singolare constatare che siamo garantisti con chi ha ben altre responsabilità (politica, protezione civile, ecc), poi siamo invece forcaioli con chi pedala o tira calci ad un pallone.  E' un mondo che va al contrario. La punizione morale che riserviamo all'atleta che sbaglia è sproporzionata rispetto alla pazienza che mostriamo verso la classe politica, ma se in un caso si vendono emozioni, nell'altro si esercita una responsabilità sociale che ha un'importanza infinitamente superiore.

Ad ogni modo, tornando a "moggiopoli", per la Gazzetta non contavano i fatti, che infatti venivano raccontati in modo caotico, ma l'obiettivo principale era quello di selezionare solo le cose che contribuivano a rafforzare la tesi che si voleva sostenere. La Rosa ha alimentato la confusione, pubblicando intercettazioni rilevanti e gossip (figlio di Moggi che si piglia un due di picche dalla D'Amico), alimentando l'odio viscerale che, in un paese malato di calcio, guida l'Italia non juventina. Chiediamoci solo una cosa: cosa avremmo pensato se le intercettazioni di Milan e Inter fossero state pubblicate quattro anni fa? Saremmo ancora tutti certi nel sostenere che c'era un sistema illecito e un sistema di buoni che reagivano? O forse è proprio l'ordine con cui sono uscite le intercettazioni che crea questa classificazione?

sabato 3 aprile 2010

Il bipolarismo s'indebolisce sempre di più

Quando si tratta di commentare i risultati elettorali, i partiti politici italiani hanno sviluppato la capacità di guardare solo ai numeri di comodo. Il PD sostiene di aver vinto perché la sua percentuale è leggermente salita rispetto alle europee. I piddini sanno bene che potrebbero confrontare i dati delle ultime regionali con le ultime tre consultazioni: regionali 2005, politiche 2008 ed europee 2009 (le politiche 2006 mi sembrano superflue). Quindi tra le tre fanno il paragone con la peggiore tornata elettorale, almeno si tirano un po' su il morale.

Il PdL, per non essere da meno, utilizza lo stesso criterio. Ma visto che Berlusconi ha vinto le politiche e ha tenuto alle europee, allora va a ricercare un confronto nella preistoria. Nel 2005 An e Forza Italia erano due entità distinte, Casini era ancora con Berlusconi, Ibrahimovic era alla Juventus, Schumacher alla Ferrari e, soprattutto, il Governo più longevo della nostra storia repubblicana era poco apprezzato dagli italiani. Difatti Berlusconi vinse solo in Lombardia e Veneto, che dimostrarono di stare al centro destra come Emilia Romagna e Toscana stanno al centro sinistra.

Un confronto con l'11 a 2 del 2005 può andare bene solo per quelli che sono andati su Marte in questi cinque anni. Le campagne elettorali, regionali ed europee comprese, sono sempre state personalizzate dal Cavaliere che, molto probabilmente, pensa di massimizzare il risultato del PdL quando catalizza l'attenzione dei media sulla sua persona. Già questo motivo basterebbe per ignorare l'11 a 2, ed effettuare un confronto con i risultati delle europee del 2009 perchè, come già detto, il cittadino non "distingue" l'oggetto della tornata elettorale.

Poi, scusate, la conta delle Regioni vinte / perse non risponde ad una finalità regionale (ogni singola Regione è di uno dei due schieramenti), ma all'esigenza di interpretare i dati a livello nazionale. La conta di regioni e percentuali dei singoli partiti ha quindi la funzione di tastare gli umori degli italiani, in chiave predittiva rispetto alle future elezioni politiche. Una sorta di verifica di mezzo termine. E' per questo che bisogna leggere i trend e guardare se sia o meno necessario ricorrere ad azioni correttive. Il PdL (includendo il listino Polverini) si attesta al 31%, il calo è spaventoso. Il PD si mantiene ben sotto il 30%, ben lontando dai fasti veltroniani (ma i Radicali erano inglobati) e l'astensione non ha danneggiato solo le altre tre forze minori rappresentate in Parlamento: Lega, UDC e IDV. Casini e Di Pietro restano stabili, mentre la Lega cresce, qualunque confronto si utilizzi.