La stagione del Milan iniziò a luglio, con la contestazione dei tifosi non evoluti e una conferenza stampa surreale in cui Berlusconi attaccò arbitri di sinistra e Leonardo. Di quel monologo autocelebrativo si ricordano anche alcune memorabili frasi, come ad esempio gli elogi a Thiago Silva per il Mondiale disputato col Brasile, quando invece il forte difensore brasiliano non aveva giocato nemmeno uno spezzone di partita. Ma la vera caduta di stile, nel caso ce ne fosse mai stato uno, era rappresentata dagli attacchi a Leonardo. Le colpe dell'ex allenatore rossonero erano legate alla gestione di Pato, e all'incapacità di costruire un sistema di gioco in cui potessero trovare spazio tutti i calciatori tecnici del Milan. Berlusconi diede la sua lezione di tattica e spiegò lo schema che il Milan avrebbe dovuto adottare per sfruttare la fantasia di Ronaldinho e la classe di Pato. In quei momenti Allegri sembrò in evidente imbarazzo e in molti pensavano che l'avessero scelto perché avrebbe schierato la squadra rispettando i desideri presidenziali.
In questi mesi Allegri ha dimostrato di volersi costruire una posizione autonoma. Per lungo tempo ha inseguito il sogno berlusconiano, provando a far convivere Pirlo, Seedorf, Ibrahimovic, Ronaldinho e Pato. I risultati non sono stati scoppiettanti e la sconfitta netta maturata a Madrid ha mostrato l'inconsistenza di quel progetto. Da quel momento in poi Allegri ha cambiato filosofia e ha iniziato a modificare l'impostazione della squadra costruendola attorno al centravanti dominante del campionato italiano: Zlatan Ibrahimovic. Se Berlusconi sognava una squadra di solisti, Allegri sta invece costruendo una squadra completa e bilanciata, in cui Ronaldinho, Pato e Pirlo finiscono spesso fuori dall'11 titolare, mentre trovano spazio i tre mediani di quantità. Con queste scelte coraggiose Allegri sta mostrando un'inattesa autonomia. Ma i risultati e i fatti gli danno ragione. Ronaldinho è impresentabile a certi livelli ed è degnamente sostituito da Robinho e Seedorf (ovvero due fantasisti con rispettivamente più corsa e più intelligenza tattica). Pato gioca all'ala, esattamente come con Leonardo, ma non è centrale nello scacchiere rossonero. Il baby brasiliano dopo tre anni ha mostrato evidenti limiti caratteriali e non può essere un elemento centrale in un team vincente. La squadra poggia sulle spalle possenti di Ibra, il quale, a differenza degli altri due, ha dimostrato di appartenere ad un'altra categoria.
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