venerdì 28 maggio 2010

I tagli lineari sono in linea col principio della spesa storica. Tra qualche anno saremo chiamati a nuovi sacrifici

L'Italia aveva bisogno di una manovra correttiva e molto probabilmente la correzione finale dovrà essere superiore ai 24 miliardi di euro. Le cose che stupiscono sono però due. La prima è data dal trasformismo di Berlusconi: fino a due settimane fa negava la crisi con frasi da bar, mentre oggi non ha neppure il coraggio di prendersi la minima responsabilità. A parlare di "sacrifici" e del pericolo di fare la fine della Grecia, ha mandato il fido Gianni Letta. Il Cavaliere mette la faccia solo quando c'è da alzare qualche trofeo e la storia recente del Milan ne è la più limpida dimostrazione.

Il secondo aspetto che stupisce è la tipologia di provvedimenti adottati, che secondo me possono essere sufficienti solo se ci sarà una vera ripresa economica. Il congelamento delle finestre temporali per il pensionamento è, da un punto di vista economico, una posticipazione di un pagamento. Il blocco dei contratti degli statali, i tagli ai manager e alla "Casta" sono provvedimenti difficili da accettare, ma condivisibili. Il vero problema però è quello di comprendere se tali decisioni saranno capaci di modificare la struttura dei conti pubblici. Prendiamo ad esempio il solo taglio degli stipendi dei manager pubblici. Chiaramente la scure di Tremonti colpisce indistintamente i manager bravi e i raccomandati (la meritocrazia secondo il centro - destra), ma se anche fosse immune da tale difetto, avrebbe la capacità di essere un provvedimento capace di sanare la struttura dei costi pubblici? O meglio, tra qualche anno cosa succederà a quegli stipendi, avremo dei manager sotto - pagati in eterno, o quando le cose torneranno a girare allora avremo nuovi aumenti, e nuovo deficit, lasciato ai guaritori, vampiri, del centro sinistra?

Il problema di fondo dell'Italia è dato dal fatto che abbiamo un deficit strutturale enorme. Da un Governo di centro destra mi aspetterei una "razionalizzazione" del settore pubblico. Ma razionalizzare non significa solo tagliare e risparmiare, significa anche avere una visione strategica per analizzare ogni singolo centro di costo al fine di distinguere la spesa inefficiente da quella utile. La risposta finale ad un tale processo è quella di avere una macchina che a parità d'investimento è più efficiente ed offre più servizi. Di quest'approccio che sogno non vedo alcuna traccia nelle riforme Gelmini, Brunetta e neppure nelle proposte di Tremonti. In quest'azione di Governo vedo solo dei tagli indiscriminati che per assurdo facilitano i centri sovradimensionati (e inefficienti) mentre mettono in crisi chi ha agito con rigore e fermezza anche quando non era richiesto. Parlando di federalismo fiscale sento molto discutere sul confronto tra spesa storica e costo standard. Premesso che l'applicazione del costo standard può essere fatta anche senza federalismo fiscale, però va anche ricordato che un taglio indiscriminato è assimilabile alla spesa storica e ne condivide tutti i difetti.

P.S. Ricordiamoci che i capitali scudati sono entrati al 5%.

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